Parola d’ordine: accelerare. È il verbo più usato in queste settimane al ministero dello Sviluppo. Ieri l’ha pronunicato la viceministra Teresa Bellanova su Ilva, lunedì l’ha fatto Carlo Calenda riferendosi ad Alitalia. Puntano a chiudere entrambe le partite industriali più importanti prima della campagna elettorale per poter spendere il risultato nelle urne.

MA NON SEMBRANO FARE gli interessi del paese e soprattutto dei lavoratori: specie Alitalia si sta riassestando positivamente e nessuna delle offerte arrivate finora è considerata positiva mentre nessuno – a meno di puntare ad uno sconto – è interessato a trattare con un governo dimissionario con il rischio di ritrovarsi interlocutori completamente diversi dopo le elezioni. E allora se su Ilva l’avversario maggiore per arrivare ad un accordo è il presidente della Puglia Michele Emiliano, per Alitalia sono i tre commissari (Luigi Gubitosi, Enrico Laghi, Stefano Paleari) a frenare la fretta del ministro dimissionario. «Abbiamo sul piatto tre offerte – ha dichiarato lunedì Calenda – . Quello che faranno i commissari, immagino alla fine di questa settimana o all’inizio della prossima, è dire quale offerta è la migliore, quindi con chi si può iniziare a fare la negoziazione in esclusiva».

LE OFFERTE ARRIVATE SONO TRE: quella di Lufthansa, quella di EasyJet e quella del fondo americano Cerberus. Tutti i media danno per scontato che alla fine la prescelta sarà Lufthansa: è il nome di maggior prestigio e viene considerata una garanzia per il futuro.
In realtà la partita è molto più complessa e piena di incognite. Seppur mai reso noto completamente, il piano dei tedeschi è il più conosciuto: si parla di una acquisizione mantenendo il nome Alitalia mettendo sul piatto 300 milioni (in realtà pochini) e prevedendo 2mila esuberi rispetto agli attuali 8.400 dipendenti Aviation.

SUI NUMERI SI BLUFFA spudoratamente perché in realtà gli esuberi non sono i 2mila strombazzati ma più del doppio visto che Lufthansa non vuole sentir parlare di tenersi l’intero settore handling che oggi conta 3mila dipendenti: il totale degli esuberi è quindi di 5mila, quasi la metà degli 11mila dipendenti attuali. «I 3mila lavoratori dell’handling sembra non interessino a nessuno. Sentiamo parlare di chiusura veloce, di costo sociale limitato ma non sappiamo niente del reale piano industriale di Lufthansa», denuncia Fabrizio Cuscito, responsabile settore aereo Filt Cgil.
L’ALTRO GRANDE PUNTO interrogativo riguarda l’Antitrust europeo. Un gigante come Lutfhansa – che proprio ieri ha saputo di essere tornata la compagnia leader in Europa risuperando nel 2017 Ryanair che l’aveva scalzata nel 2016 – ha appena chiuso l’acquisizione di Air Berlin e con Alitalia rischia di avere una posizione dominante nel vecchio continente. Con un’altro elemento comune con la vicenda Ilva- Arcelor Mittal, sarà l’Antitrust europeo a dover dare il via libera all’acquisizione con tempi di valutazione lunghi (5-6 mesi) costringendo i commissari e il governo a poter sottoscrivere ora solo un pre-accordo con i tedeschi.

SE DELLA PROPOSTA DEL FONDO americano Cerberus si sa poco o niente – sarebbe l’unico interessato all’intera compagnia ma anche l’unico a non essere un vettore tanto che si è spesso vociferato della possibilità che si allei con gli altri pretendenti anche perché le regole comunitarie vietano ad un attore extra Ue di detenere più del 49 per cento di una compagnia europea – molto sottovalutata è la posizione di Easyjet. La lowcost inglese di proprietà dell’imprenditore greco Stelios Haji-Ioannou sarebbe per la prima volta interessata al lungo raggio e dunque in Alitalia avrebbe un partner complementare. Il rischio è che invece una grande compagnia come Lufthansa sfrutti l’alleanza con Alitalia solo per drenare passeggeri verso voli internazionali in partenza da altri scali europei.
IN QUESTO QUADRO IL FATTORE tempo gioca a favore dei commissari. Il prestito ponte da 900 milioni elargito dal governo «è intonso», come ha riconosciuto anche Calenda. Questo perché in pochi mesi Gubitosi, Laghi e Paleari hanno dimostrato come gestire Alitalia in maniera migliore di Etihad e Montezemolo era semplice. I tre commissari hanno da subito rinegoziato i contratti capestro su carburante e altre forniture e hanno iniziato a sforbiciare la pletora di inutili dirigenti con stipendi milionari. L’ultimo è il responsabile delle Relazioni industriali: a prendere il posto di Maurizio Carboni sarà Romina Chirichilli, proveniente dalla compagnia Mistral di proprietà di Poste Italiane. Un altro tassello di una rivoluzione che sembra dar ragione a chi – come Usb – propone la nazionalizzazione di Alitalia.