La Fossa Ellenica (Hellenic Trench) è un’area marina che si estende come un sorriso dal Mar Ionio al Sud di Creta, fino a Rodi. Composta di canyon sottomarini tra i più profondi d’Europa, fino a 5 km di profondità, è qui che alcuni dei cetacei endemici dei nostri mari trovano il loro habitat ideale, insieme a molte altre specie come delfini, tartarughe marine e foche mediterranee. Una biodiversità che già da tempo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura IUCN ha riconosciuto come IMMA (Important Marine Mammal Area), ma che oggi è in grave pericolo a causa delle azioni di ricerca e estrazione di idrocarburi che potrebbero interessare l’area. Scienziati e attivisti sono unanimi nel denunciare che l’attività petrolifera e le infrastrutture che la accompagneranno avranno un impatto devastante sulla vita marina, aumentando, ad esempio, il traffico navale, già molto pericoloso per le collisioni con i cetacei. Inoltre, le perforazioni pianificate a profondità estreme e le prospezioni sismiche, che usano onde acustiche intense per penetrare nella crosta terrestre e individuare possibili giacimenti, traumatizzerebbero i cetacei, tra le specie più sensibili all’inquinamento acustico, a tal punto che la loro stessa vita ne sarebbe minacciata. Per questi motivi l’Assemblea panellenica per la protezione della Trincea Ellenica, attraverso una petizione e l’Accordo Internazionale per la Conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mediterraneo e della zona Atlantica contigua (ACCOBAMS) chiedono che l’area venga dichiarata Zona Marina Protetta. Ne abbiamo parlato con Simone Panigada, presidente del comitato scientifico di ACCOBAMS e dell’istituto di ricerca Tethys, Ong italiana che da 35 anni raccoglie dati sui cetacei ai fini della loro conservazione.

Ci può descrivere che tipo di mammiferi marini si trovano nel Mediterraneo?

Ci sono diverse specie residenti, che variano da qualche migliaio di esemplari per la balenottera comune e per il capodoglio a popolazioni più numerose per i delfini. Bisogna considerare che si tratta di sottopopolazioni e nel momento in cui dovesse succedere qualcosa di molto impattante a una specie questa subirebbe una perdita significativa, perché sono esemplari tipici ed endemici del Mediterraneo.

Quali sono le principali minacce?

Il Mediterraneo sta subendo dei cambiamenti radicali dovuti all’innalzamento della temperatura, si sta tropicalizzando ed essendo una zona in cui gli animali non possono spostarsi verso nord in cerca di acque più fresche, questo avrà degli effetti a lungo termine molto seri. Per esempio potrebbe causare una mancanza di prede quali il Krill, che ha dei limiti di temperatura abbastanza marcati e non troverebbe più un ambiente favorevole allo sviluppo, con un grandissimo impatto sull’ecosistema, in quanto verrebbe a mancare la principale fonte di cibo per le balenottere comuni. Un altro dato che abbiamo visto crescere esponenzialmente negli ultimi anni è quello della presenza umana e del traffico marittimo. Più imbarcazioni circolano e più è forte il rischio di collisione con gli animali più grandi come la balenottera e il capodoglio. Questo problema si somma a quello del rumore emesso dal traffico, che mascherando i suoni provoca il disorientamento e la morte di numerosi esemplari ogni anno.

Che importanza riveste la zona della Fossa Ellenica?

La parte orientale dell’isola di Creta fino allo Ionio è una zona molto importante per varie specie, soprattutto per il capodoglio e lo zifio, che prediligono ambienti di scarpata continentale come questa, le cui condizioni oceanografiche facilitano la presenza di prede quali i cefalopodi. In questa area in particolare i capodogli si concentrano in quantità consistenti, con unità familiari formate anche da 10/15 fra femmine e giovani e che molto spesso socializzano in superficie, rendendoli più soggetti al rischio di collisione con le imbarcazioni.

Che cosa comporterebbero delle perforazioni in quest’area?

Il primo problema è che i mammiferi marini sono molto dipendenti dai suoni: essi utilizzano l’ecolocalizzazione per spostarsi, per alimentarsi, per comunicare. Le indagini sismiche utilizzate nella ricerca di idrocarburi mascherano il paesaggio sonoro, producendo suoni estremamente forti e ripetuti e provocando un impatto sulla popolazione: gli animali sarebbero necessariamente disturbati e allontanati da una zona particolarmente importante per il loro ciclo vitale. L’area della Fossa Ellenica inoltre è interessata da un traffico particolare di navi cargo molto vicino alla costa, che si va a sovrapporre con la distribuzione dei capodogli. C’è stato un grande sforzo per convincere le compagnie di navigazione a spostare le rotte più a largo e alcune hanno aderito alla richiesta, soprattutto grazie all’associazione Ocean Care. Noi abbiamo partecipato alla campagna mettendo a disposizione dei ricercatori locali le nostre competenze e siamo soddisfatti del risultato ottenuto, molto importante per la conservazione. Ora però l’impatto antropico dovrebbe essere limitato al massimo perché le popolazioni che vi si trovano sono molto vulnerabili.

Un forte impatto che aumenterebbe nel caso, non sporadico, di una fuoriuscita…

Il problema delle fuoriuscite è chiaramente importante, lo abbiamo visto molto bene nel Golfo del Messico, con effetti a cascata a lungo termine su tutto l’ambiente. L’animale che è al vertice della catena trofica riceve il carico di contaminanti moltiplicato per tutte le prede di cui si nutre. Se veramente vogliamo conservare queste specie così importanti per l’intero ecosistema marino, l’unica cosa che dovremmo fare è minimizzare al massimo la presenza umana nelle zone vitali per i cetacei. Speriamo che il buonsenso prevalga sugli interessi delle multinazionali.