Nella parte sud-occidentale della Sardegna, nel Sulcis, c’è un paradiso naturalistico: la foresta del Marganai. Occupa 3.650 ettari del territorio di Domusnovas, Fluminimaggiore e Iglesias. Il massiccio montuoso, fatto di rocce calcaree e scistose tra le più antiche in Italia, ha cime che vanno da duecento a mille metri, ricoperte da boschi di lecci originari e da pini. Accanto, una fitta macchia mediterranea: olivastro, lentischio e corbezzolo. È possibile imbattersi in cinghiali, gatti selvatici e volpi. In alcune aree sono stati reintrodotti il cervo e il muflone. Nel cielo, falchi pellegrini e l’aquila reale».

Così la foresta di Marganai è descritta sul sito Sardegna turismo, gestito dall’assessorato omonimo della Regione con lo scopo di decantare le bellezze dell’isola a uso e consumo delle decine di migliaia di vacanzieri che ogni estate visitano l’isola. Un patrimonio naturalistico da proteggere, anche perché il ministero dei Beni culturali lo ha inserito tra le «zone di interesse paesaggistico» sulle quali il Codice dei beni culturali (in vigore dal 1999 per effetto di uno specifico decreto legislativo) mette una serie di vincoli amministrativi di tutela molto severi. A custodire questo prezioso gioiello, tanto decantato dal sito ufficiale dell’assessorato al Turismo, è preposto Forestas, l’ente strumentale della Regione che si occupa della gestione dei boschi.

NON È CERTO COSA DA POCO, allora, che Antonio Casula, direttore generale di Forestas, sia stato condannato dalla magistratura (insieme con altre tre persone) per aver abbattuto 36 ettari di lecci nel Marganai senza le necessarie autorizzazioni paesaggistiche. E non è per niente un fatto trascurabile che la giunta regionale, presieduta dal Pd Francesco Pigliaru, dopo qualche mese dalla condanna abbia promosso Casula comandante del Corpo forestale di vigilanza ambientale: un condannato per reati ambientali messo alla guida di un corpo di polizia regionale che ha come fine istituzionale quello di controllare che nei boschi sardi tutti rispettino le norme di tutela del paesaggio e degli equilibri ecologici. E che cosa dire, infine, se in aggiunta a tutto questo i soldi della Regione (dell’assessorato all’Ambiente) vanno a finanziare un progetto, appena partito, di uno studio scientifico redatto da esperti che risultano essere in vari modi legati ad alcuni dei condannati dalla magistratura per i tagli non autorizzati al Marganai? Finalità del progetto di studio è quella di dimostrare che non solo i tagli dichiarati illegittimi dalla magistratura erano necessari, ma che del Marganai, in realtà, sarebbe utile segare un’altra bella fetta, proprio perché si tratta di «tagli colturali», che al bosco farebbero solo bene.

LA STORIA MERITA DI ESSERE RACCONTATA DALL’INIZIO. Forestas prevedeva di tagliare 550 ettari di lecci, da trasformare in pellet. Si comincia a segare nel 2013. Quando, nel 2015, Fausto Martino viene nominato soprintendente ai Beni culturali e paesaggistici, il progetto è già in stato avanzato. Arrivato a Cagliari, uno dei primi atti di Martino è quello di bloccare, con un provvedimento amministrativo, i tagli nel Marganai, già allora presentati da Forestas e dall’assessore regionale all’Ambiente, Donatella Spano, come tagli colturali, quindi necessari alla salute del bosco. Martino, però, non entra nel merito della natura dei tagli. Blocca le motoseghe perché Forestas non ha presentato la domanda di autorizzazione paesaggistica prevista dal vincolo amministrativo posto sul Marganai dal Codice per i beni culturali e paesaggistici applicato dal ministero (codice che a sua volta recepisce norme di tutela fissate dalla legge del 1939, la prima in Italia a stabilire norme di salvaguardia del paesaggio). La Regione replica che Forestas si è attenuta alla legge Galasso, secondo la quale per i tagli colturali non sarebbe necessaria la richiesta di autorizzazione. Fatto sta che, alla fine, interviene la magistratura. I giudici mettono i sigilli ai cantieri aperti da Forestas e danno il via agli accertamenti. L’indagine si conclude nel febbraio di quest’anno e dà ragione a Martino: accogliendo le richieste formulate dal pm Andrea Schirra, il Gip notifica decreti penali di condanna al direttore generale di Forestas (e progettista dei tagli) Antonio Casula, al secondo progettista per conto di Forestas Marcello Airi e alla collega Marisa Cadoni, che per prima aveva diretto gli interventi di taglio. Un decreto di condanna viene notificato anche a Giuseppe Vargiu, presidente della cooperativa Agricola mediterranea di Domusnovas, i cui operai hanno materialmente effettuato i tagli. Il pm Schirra aveva chiesto, in sostituzione dei sessanta giorni di arresto previsti dalla legge, un’ammenda di 31 mila euro per ognuno dei quattro imputati. Il Gip, applicando le attenuanti, ha disposto il pagamento di un’ammenda di 16 mila euro.

Le condanne non hanno impedito alla giunta regionale di promuovere, nei mesi scorsi, Casula comandante del Corpo forestale di vigilanza ambientale e Airi responsabile del compendio del Marganai. «Determinante nella scelta di Casula – si legge in una nota dell’assessore Spano – l’esperienza maturata esercitando le funzioni di manager di Forestas, con specifico riferimento alle competenze in materia forestale di protezione civile, salvaguardia del patrimonio forestale dalla minaccia degli incendi, tutela e conservazione del patrimonio forestale, tutela idrogeologica del territorio e difesa del suolo, promozione della cultura forestale, educazione ambientale».

INFINE, L’ULTIMO CAPITOLO: un’indagine sulla Sostenibilità ambientale e socioeconomica delle attività di ceduazione nel Marganai, finanziata dalla Regione Sardegna con 150 mila euro. È stata presentata lo scorso marzo nell’agriturismo Perda Niedda, una struttura che è gestita dalla cooperativa Agricola mediterranea ’94, quella che ha tagliato i lecci nella foresta di Marganai, presieduta dal condannato Giuseppe Vargiu. Presente all’incontro anche un altro condannato, Marcello Airi.