Far ridere a teatro è un’impresa che richiede inventiva, misura e gusto, e di solito è un compito due volte più difficile rispetto a far piangere. Con Platée di Rameau il gioco è forse facilitato da un meccanismo drammaturgico creato appositamente per illustrare in modo effervescente le potenzialità e il valore del genere comico, che nella storia del teatro musicale barocco francese ha avuto vita contrastata. Eppure è proprio sugli esiti buffi, ovvero su Les Indes Galantes e appunto su Platée che si incentra la gran parte della produzione europea nel duecentocinquantesimo anniversario della morte del compositore.

Naturalmente la Francia fa la parte del leone, anche se l’allestimento di Platée proposto dall’Opera Comique di Parigi in questi giorni ( domani ultima recita) nasce il mese scorso al Theater an der Wien con Les Arts Florissants, guidati da Paul Agnew, in passato famoso interprete di Platée, che ha sostituito William Christie.

Perfetto aplomb, qualità di suono e pertinenza stilistica, la resa musicale non ha mai deluso. Robert Carsen ambienta l’intera vicenda della brutta e ridicola ninfa Platea, amata da Giove solo per mettere in burletta le gelosie di Giunone, in un hotel parigino in cui si tiene una grande sfilata con tutti gli eventi, le feste, le manie, i tic, gli esibizionismi e le esagerazioni connessi con il vero grande spettacolo del nostro tempo, appunto, la moda. Dopo il prologo, cantato in un astratto sipario argentato, il primo atto si snoda fra i tavolini di un lussuoso ristorante gestito da Citerone e Mercurio ( Marc Muillon e Cyril Auvit,y bravissimi), gremito di fashionistas conciati nei modi più bizzarri . Platée, che fra lo scherno generale entra in sala in asciugamano e maschera di alghe per il viso, sarà facile preda delle lusinghe di Mercurio che le promette l’amore di Giove ( Edwin Crossley Mercer). In una girandola di trovate, con i balletti intrepretati ora da camerieri ora da modelli e modelle , Platee passa dal tavolo dei massaggi alla sala della sfilata, dove si ammirano collezioni deliranti che occhieggiano a Galliano, a Comme des Garsons e a Gaultier, finchè non fa la sua comparsa fra i paparazzi Giove stesso, nei panni di Karl Lagerfeld.

A conclusione della sfilata, ecco lo showcase pop, e Lady Gaga è il travestimento scelto per il personaggio allegorico della Follia, l’unico che Rameau fece aggiungere da Adrien Le Valois d’Orville alla commedia originale di Jacques Autreau. Un personaggio che richiamava il dibattito intellettuale illuministico sulla follia (l’opera è del 1745) e che a differenza degli altri deve essere capace di destreggiarsi perfettamente nello stile francese e in quello italiano. Simone Kermes, che è una diva in Germania ma meno in Francia per via del suo stile «barocco- rock», sbilancia la parte sul coté italiano, con un profluvio di agilità e fiammanti sovracuti, mentre si barcamena in quello francese.

Platèee, il corpulento tenore Marcel Beekman, strepitoso come attore e come interprete vocale, una volta rivestita da capo a piedi appare mascherata da «Brenda» modella-drag interpretata da Marc Labreche nel programma comico canadese Le Coeur a ses raisons ( un gioco che evidentemente il canadese Carsen a riservato a pochi conoscitori). Si arriva alla festa di nozze in una suite, che finisce in un orgia di sesso e cocaina, prima dell’ingresso della furiosa Giunone-Coco Chanel, che scoperta la rivale e morta dalle risate, ritroverà la temporanea felicità accanto al marito. La solitudine e l’amarezza della sfortunata ninfa burlata anche da Amore ( Emanuelle de Negri) capovolge il gioco e punta il dito sul mondo grottesco, vizioso e cinico che l’ha rifiutata. Un taglio forse parziale e a tratti calcato sul piano parodistico, ma costruito con una maestria scenica e drammaturgica (costumi e scene di Gideon Darvey, coreografie di Nicolas Paul) che inevitabilmente diverte e conquista.