L’Europa deve porsi obiettivi vincolanti per ridurre l’utilizzo di metalli primari, altrimenti il passaggio all’energia rinnovabile, alle auto elettriche e alla digitalizzazione, causerà un nuovo boom dell’industria estrattiva, sia sulla terra ferma sia in mare, con conseguenze devastanti. A chiederlo è Sea at Risk, una Ong molto attiva sul fronte della protezione del mare che ha pubblicato il Report Breaking Free From Mining – A 2050 blueprint for a world without mining on land and in the deep sea, con dati attuali e proiezioni future.

BASTI PENSARE CHE la produzione di sette metalli (ferro, alluminio, rame, zinco, piombo, nichel e manganese) è responsabile del 7% di tutte le emissioni di gas serra nonché una delle principali cause di perdita di biodiversità, violazioni dei diritti umani, instabilità politica. Parliamo di una delle attività più inquinanti del mondo e una delle principali cause del cambiamento climatico. Nonostante questi dati allarmanti, centinaia di nuove miniere sono in fase di pianificazione in tutta Europa e diversi paesi europei detengono licenze di esplorazione mineraria in acque internazionali e potrebbero iniziare le operazioni minerarie già nel 2023. «Dalle esplorazioni alle estrazioni il passo è pericolosamente breve – dice Ann Dom di Sea at Risk – anche perché nessuna compagnia investe milioni in esplorazioni senza essere sicura di ricevere un ritorno».

IL DOCUMENTO APPENA PUBBLICATO fornisce dati che danno la dimensione del problema. Cominciando dagli strumenti più diffusi: nel 2020, si contavano circa 15 miliardi di telefoni cellulari, più del doppio della popolazione mondiale, oltre a 2 miliardi di computer. A metà degli anni 2010 il 5% della produzione globale di oro, argento e rame e il 20% della produzione di cobalto e palladio era destinata ai soli telefoni cellulari, mentre tutte le altre apparecchiature elettriche ed elettroniche accumulavano oltre il 40% della produzione mineraria globale di rame, stagno, antimonio, indio, rutenio ed elementi delle terre rare.

DAI CELLULARI AI VEICOLI A MOTORE il quadro certo non migliora: per passare all’elettrificazione delle sole auto, camion e navi si stima siano necessari 790 milioni di tonnellate di batterie agli ioni di litio che richiederebbero 134,3 milioni di tonnellate di rame, 120 di nichel, 63,2 di alluminio, 22 di cobalto, 17,1 di litio e 173,8 milioni di tonnellate di grafite. Cifre incredibili che si riferiscono esclusivamente alle batterie di primo utilizzo escludendo i minerali necessari per costruire i veicoli, gli impianti di energia rinnovabile, quelli di stoccaggio, le successive sostituzioni e le altre batterie agli ioni di litio utilizzate per altri dispositivi.

AL 2020, LO STOCK DI RAME IN SUPERFICIE (già estratto) era il 50% di tutte le riserve di minerale conosciute. Le proiezioni prevedono l’estrazione del restante 50% nei successivi 30 anni – cioè, si estrarrebbe più rame in tre decenni che in tutta la storia dell’umanità. Nel caso di altri metalli, come l’argento e l’oro, le riserve in superficie sono del 70%. Anche se la domanda di minerali prevista per le batterie da utilizzare nei soli veicoli elettrici superasse di gran lunga le riserve mondiali conosciute di nichel (90 milioni di tonnellate di riserve contro i 120 milioni di tonnellate richiesti) e cobalto (3,6 contro 22) ed esaurisse le riserve globali di litio conosciute, secondo Sea at Risk, le riserve continuerebbero ad espandersi attraverso ulteriori esplorazioni – in particolare nei mari – e l’estrazione potrebbe continuare all’infinito con danni incalcolabili per il Pianeta.

IL MESSAGGIO E’ CHIARO: «Se non invertiamo la rotta – spiega Monica Verbeek, direttore esecutivo di Seas At Risk, – i metalli saranno i combustibili fossili del 21° secolo». Ma dobbiamo fare presto. Il Report identifica infatti il 2020 come un anno di svolta per l’estrazione nonché come l’inizio della transizione verso una società post-crescita. Indica inoltre alcuni passi necessari per allontanarsi da modelli così invasivi. Per farlo lo studio proietta il lettore al 2050 in un mondo che si è finalmente allontanato dallo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, dove l’estrazione dei metalli è diventata un lontano ricordo e le profondità marine sono state salvaguardate dalla distruzione.

USANDO UN APPROCCIO SCIENTIFICO e basato sui fatti, approfondisce le alternative esistenti, tra cui, per fare un esempio, la fine dell’obsolescenza pianificata e l’aumento della riparazione e del riutilizzo dei beni; il passaggio alla generazione distribuita dell’energia e a sistemi di mobilità meno dipendenti dalle auto private. Tutto ciò non significa negare l’importanza di tecnologia e innovazione, che anzi rimangono una parte centrale della soluzione, «ma – dice Ann Dom – dobbiamo operare un cambiamento culturale, sociale ed economico profondo e affrontare con decisione la causa principale delle crisi planetarie, cioè il sovraconsumo, l’ossessione per la crescita e lo scarso o nullo impiego di riciclo e circolarità».

SOLO IN EUROPA 160 MILIONI DI TELEFONI cellulari vengono scartati ogni anno e nel 2020 si sono contati più di 500 milioni di telefoni accantonati per un valore di 1,3 miliardi di euro di oro, argento, platino, palladio e rame, tutti recuperabili. Così, se nel 2017 la produzione annuale globale di rifiuti elettronici era già di 44 milioni di tonnellate – l’equivalente di 4.500 torri Eiffel – le stime dicono che entro il 2050 potrebbe raggiungere i 120 milioni di tonnellate all’anno. «Mentre lavoriamo a un mondo senza combustibili fossili – conclude Ann Dom – possiamo anche immaginarne uno senza miniere». Già. Considerata la potenza dell’immaginazione che, diceva Einstein, «è più importante della conoscenza», non ci si può che augurare che chi dovrà prendere le decisioni immagini le stesse cose.