A Marx e al marxismo Stefano Petrucciani ha dedicato molti lavori e diversi libri importanti, scrivendo tra l’altro diverse monografie sull’autore del Manifesto e del Capitale e curando una storia del marxismo in tre volumi con scritti di vari autori. Il volume da poco uscito (Pensare con Marx. Interpretazioni e letture, Carocci, pp. 186, euro 21) rientra dunque nel novero di un interesse consolidato per il pensatore di Treviri, ma affronta il tema da un punto di vista un po’ diverso: si tratta infatti di una raccolta di saggi (per lo più recenti) in cui Petrucciani ha messo a tema il modo in cui alcuni pensatori, soprattutto filosofi, in maniera diversa si sono misurati con il Moro, lo hanno letto e lo hanno capito, e spesso utilizzato.

SI VA DA CROCE E GRAMSCI a Lukács, Adorno e Habermas, da alcuni interpreti protagonisti del dibattito teorico e politico italiano degli ultimi decenni del Novecento, quali Luporini, Colletti, Severino, Merker e Trentin, a Jacques Bidet, importante pensatore francese con cui l’autore ha più volte dialogato in passato e che ha di recente ospitato in un seminario a più voci organizzato all’Università di Roma La Sapienza sul tema «Marx e le strategie dell’emancipazione».

Il libro dedica a ciascuno degli autori citati un capitolo. Petrucciani si approccia a essi come in genere fa con i pensatori che studia: mai in modo dogmatico o puramente ripetitivo-riassuntivo, ma cercando sempre di metterne in luce, insieme alle connotazioni caratteristiche e ai meriti, i limiti e le contraddizioni, le criticità. In modo da avviare una riflessione reale, stimolante, non apologetica. Come di consueto avviene nei suoi lavori, viene privilegiata l’analisi teorica di idee e concetti, riducendo di molto (se pur non eliminando del tutto) lo spazio riservato alla contestualizzazione storica.

SI TRATTA OVVIAMENTE di autori molto diversi fra loro, sia per collocazione temporale che per intenzionalità e stile della loro ricerca. Croce e Gramsci appartengono ad esempio ai primi decenni del Novecento e alla fase iniziale del marxismo italiano, sono contigui per diversi aspetti: Petrucciani ne evidenzia sia le differenze che le vicinanze interpretative, ma pare siano queste ultime alla fine a prevalere, per quel che concerne soprattutto la rivalutazione della soggettività, dell’aspetto «etico» e delle «superstrutture», rispetto al marxismo deterministico del tempo.

Tra i due vi è però anche una differenza sostanziale non sempre rilevata: entrambi sono anche attori politici, ma Gramsci lo è in modo più marcato, un intellettuale-politico che rompe quella storica «separatezza» italiana che invece Croce in maniera particolarissima teorizza e a corrente alternata incarna. Anche Lukács, come è noto, ha vissuto importanti momenti di protagonismo politico, sia negli anni Venti che negli anni Cinquanta.

PETRUCCIANI PRENDE qui in considerazione solo Storia e coscienza di classe e a questa altezza viene notato anche per il filosofo ungherese, come già per Gramsci (e Croce), un aspetto rilevante: egli non conosce molte delle opere di Marx largamente diffuse solo dopo il suo celebre scritto del 1923, dunque «costruisce lo hegelismo di Marx» senza pezze d’appoggio fondamentali come i Manoscritti e i Grundrisse. È una delle differenze – quella inerente alle fonti disponibili – che attraversa e divide gli autori considerati non meno delle classiche ascisse riguardanti la valutazione della dialettica o il tema della discontinuità interna all’opera del pensatore di Treviri.

Un altro focus importante del libro è inerente al dibattito italiano del periodo repubblicano: ai dellavolpiani Colletti e Merker (entrambi però giustamente considerati nella loro dimensione più matura e autonoma) si affianca Cesare Luporini e – un po’ a latere – Emanuele Severino. Se il libro si fosse soffermato su Badaloni e anche su Althusser, francese ma con un grande impatto in Italia (e nel mondo), il quadro sarebbe stato più ricco.

DEL RESTO il libro – agile, utile e godibilissima raccolta di scritti pregressi (con l’aggiunta, direi molto significativa, del capitolo su Gramsci, se non erro l’unico inedito) – non ha alcuna pretesa di completezza, né è giusto chieder conto dell’assenza dei tantissimi che si sono misurati con un gigante come Marx: dai protagonisti della Seconda o della Terza Internazionale, o di Labriola e Gentile, a Benjamin e Marcuse, a Panzieri, o a Dussel (importante, è un rappresentante del pensiero non europeo!), per non dire di autrici come Luxemburg e Arendt, che avrebbero aiutato a ricordare come il pensiero filosofico-politico non sia solo maschile.

Non sarebbe giusto chiedere a quest’opera alcuna completezza. Ma sarebbe utile che Stefano Petrucciani riprendesse e ampliasse – con l’ausilio di altre e altri – la sua ricognizione sulle letture di Marx, che è a ben vedere tema diverso da quello della storia del marxismo e che questo libro dimostra essere senza dubbio un utile sentiero di studio e di approccio a Marx. È un auspicio che piace avanzare.