I primi ad arrivare sono i membri delle istituzioni, gli esponenti della politica venuti a dare anche loro un ultimo omaggio al regista e sceneggiatore Ettore Scola, scomparso il 19 gennaio. Quando il suo feretro viene portato all’interno della Casa del Cinema di Villa Borghese sono circa le 10:30 di un’assolata mattina invernale romana e fuori ad aspettare – oltre alla famiglia di Scola – ci sono già Stefano Fassina e il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: «Scola era un grandissimo intellettuale, mite, curioso e generoso. Sempre pronto ad impegnarsi in prima persona», dice quest’ultimo.

 

 

Poco dopo arriva anche l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in veste non solo di ammiratore ma anche di ex «collega» del Pci – come Achille Occhetto che sopraggiunge più tardi nella mattinata – e soprattutto, come dice lui, di «un vero amico». «Scola è il regista che ha rappresentato meglio l’evoluzione e l’involuzione del nostro Paese – ha continuato il Senatore a vita – per avere il senso della sua grandezza basta aver rivisto ieri sera Una giornata particolare. È stato uno dei principali protagonisti di una stagione straordinaria del cinema italiano».
L’attuale capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha invece inviato la corona di fiori posta all’ingresso della Casa del Cinema trasformata per l’occasione in camera ardente per il regista, che proprio lì aveva detto di voler essere «festeggiato» quando fosse giunto il momento.

 

 

In contemporanea con Napolitano cominciano ad arrivare gli esponenti della grande famiglia cinematografica di Scola: tra i primi ci sono Enrico e Carlo Vanzina, figli del caro amico e collaboratore Steno.

 

 

Dentro, sopra la bara, campeggia uno schermo che proietta immagini dei film e dei set del regista, anche immortalato con agli amici scomparsi, come Mastroianni e Nino Manfredi, di cui è presente la moglie Erminia. Tutto intorno sta la famiglia: le figlie Silvia e Paola, autrici di un documentario sul padre, Ridendo e scherzando, che uscirà in sala l’1 e il 2 febbraio, e la moglie Gigliola, che Sofia Loren al suo arrivo abbraccia commossa, e ai giornalisti dice solo: «Per l’emozione non riesco a parlare».

funwerali0

 

«Conoscevamo naturalmente la grandezza di papà – ha detto Silvia Scola – ma ci ha stupito questo amore planetario per lui che è arrivato da tutte le parti, anche da paesi come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania. Papà ci lascia molto di più di quello che si porta via e quindi dobbiamo essere contenti».

 

 

Tutto intorno, sulle poltrone della Sala Deluxe, stanno altri registi – come Paolo Sorrentino, che ha fatto il suo ultimo saluto a Scola senza rilasciare commenti – ma anche tutti quei cittadini romani che hanno voluto essere presenti.

 

 

La processione di amici e colleghi del cinema è continuata per tutto il giorno e durerà ancora oggi. La lista è lunghissima: Paolo Virzì – che lascia a Scola una sua vignetta che lo ritrae – Laura Morante, Ricky Tognazzi, Pupi Avati, Dante Ferretti, scenografo pluripremiato che lavorò con Scola a Il mondo nuovo: «Grazie a lui ho vinto il mio primo David di Donatello», ricorda. Citto Maselli siede davanti al feretro dell’amico, mentre il regista Paolo Taviani lo ricorda come un « grande regista, di un cinema che rappresentava la realtà con la tragedia, la commedia, la tragicommedia, lui sfuggiva a ogni definizione. Era in grado di parlare dell’amore e della cattiveria degli uomini. Ettore diceva sempre ‘io sono un comunista’, intendendo il senso più alto della parola politica che lui amava e che oggi ha perso di significato. Per lui invece era uno strumento di conoscenza».