Ci sono scrittori di fantascienza, neurobiologi, ingegneri, matematici, fisici, ma anche futurologi della domenica. Compongono il variegato e glamour arcipelago del transumanismo, cioè di coloro che sostengono la necessità di superare i limiti del corpo umano, trasmigrando la mente su un supporto non umano.
Quel che affermano i transumanisti non ha nulla di bizzarro; semmai ricordano una sorta di movimento di opinione che vede capitalisti di ventura, imprenditori della Silicon Valley puntare su questa utopia tecnologica che promette un futuro, va da sé, di abbondanza e dove la morte sarà finalmente sconfitta.

Fa certo sorridere leggere di progetti di ricerca scientifica dove l’obiettivo è di salvaguardare la mente connettendola a un esoscheletro meccanico digitale («fare uploading della mente», è l’espressione tecnica); oppure estrarre le informazioni, i dati dal cervello, riportandoli su una struttura digitale di tipo computazionale.
Sono propositi ammessi a mezza bocca da chi li sta portando avanti, limitandosi a confermare che l’orizzonte delle interfacce tra digitale e organico servono solo per protesi sostitutive di parti del corpo umano; oppure che l’estrazione dei dati vuol dire solamente cercare di capire come funziona il cervello umano e le sue reti neurali. In fondo lo sviluppo di interfacce tra naturale e artificiale nonché progetti per la mappatura delle reti neurali sono gli ambiti di ricerca che continuano a ricevere miliardi e miliardi di euro di finanziamenti a ogni latitudine capitalistica.

IL TRANSUMANISMO è però lasciato volutamente sullo sfondo. Ma poi, scorrendo, i curriculum dei finanziatori delle fondazioni transumaniste o di società che garantiscono il mantenimento del cervello in stato di ibernazione si scoprono personaggi importanti nella Silicon Valley, come Ray Kurzweil, ingegnere capo alla Google per quanto riguarda l’intelligenza artificiale; oppure si apprende che il capo di PayPal e potentissimo capitalista di ventura Peter Thiel o l’eccentrico ex boss della Tesla Elen Musk finanziano progetti di intelligenza artificiale per sostituire gli umani con computer o cyborg.

Il transumanismo è cioè l’ultima frontiera dell’ideologia californiana, quella che promette abbondanza e ricchezza da quasi mezzo secolo e che manifesta una visione della natura umana dove non c’è posto per coscienza, passioni, unicità di corpo e mente: l’umano è un essere computazionale e il funzionamento della sua testa può essere rappresentato come una central processing unit di un computer. Basta solo avere microprocessori potenti, una grande capacità di memorizzazione e la simulazione della mente umana con una macchina sarà cosa fatta. Bisogna dunque solo avere pazienza e riporre fiducia nella computer science e nell’intelligenza artificiale.

È a partire da questo grumo di convinzioni, fede religiosa nella scienza che prende le mosse il volume di Mark O’ Connell Essere una macchina (Adelphi, pp. 260, euro 19), un viaggio nell’ideologia transumanista che ha portato lo scrittore e giornalista irlandese a incontrare le teste d’uovo di questa sottocultura. Ogni incontro è segnato da inquietudine, paure, rabbia, atteggiamento di sufficienza.

L’AUTORE CREDE fermamente nell’unicità e integrità della natura umana. Crede cioè che gli umani siano tali perché il loro corpo non è separabile dalla loro mente. Ritiene cioè il dualismo mente-corpo un grande errore teorico. Visita la sede della Alcor Life Extention Foudantion, che per 200mila dollari garantisce l’ibernazione del corpo in attesa che l’uploading della mente su una macchina sia possibile. Ma se si vuole conservare solo il cervello la tariffa è di 80 mila dollari; scopre che ci sono decine e decine di corpi ibernati in attesa di ritornare in vita. Incontra un geniale ricercatore in crittografia (Ralph Merkle), figura mitica della Silicon Valley per aver messo a punto un sistema di comunicazione «blindato» che mette la mano sul fuoco che la simulazione della mente potrà avvenire tra dieci, massimo venti, anni. Oppure si dilunga in conversazioni con la scrittrice di fantascienza e artista Natasha Vita-More, che evoca la mutazione e manipolazione del corpo da parte di artiste come Stelarc, segnalando così che il superamento dei limiti del corpo è immanente alla natura umana.

E RICORDANDO anche che l’ideologia californiana ha sempre attinto alle controculture degli anni Sessanta e Settanta, cambiandole di segno, facendole diventare la welthanshauung del capitalismo contemporaneo nonostante le crisi economiche e l’ascesa del populismo. Gli incontri si susseguono, l’autore incalza i suoi interlocutori, che bonariamente rispondono alle obiezioni con la protervia e l’arroganza di chi esercita un potere nella società al riparo dello sguardo del pubblico.
L’umanesimo di Mark O’Connell viene sbandierato senza timore. Ma è una risposta «umana, troppo umana» vana rispetto alla promessa di sconfiggere la morte, di garantire l’immortalità e un futuro senza nessun dolore fisico, malattia, anzi garantendo una possibilità illimitata di esperienza e di possibilità di pensare a cose belle e importanti. Neppure il dubbio che il transumanismo possa legittimare una visione razzista, aristocratica, di censo delle relazioni sociali scalfisce le convinzioni degli intervistati. I rapporti sociali attengono ai limiti della natura umana, che saranno superati con l’uploading della mente o la simulazione della stessa con una macchina.

Certo serviranno un po’ di soldi e un ragguardevole portafoglio, ma la Silicon Valley ha già garantito, sostiene ad esempio Ray Kurzweil, uno degli uomini più potenti di Google, crescita della ricchezza per milioni di uomini e donne: saprà trovare il modo per consentire a tutti di annullare le disuguaglianze di classe, di sesso, di razza. E poi c’è già un partito transumanista globale (vi sono anche sedi italiane) che si batte per garantire a tutti questa prospettiva tecnologica.
Il transumanismo non è però una bizzarria di miliardari annoiati e impauriti dalla morte. È una vera e propria ideologia, con punti di forza indubitabili (il potere economico), seppure minoritaria, anche se riesce ad esercitare una sorta di egemonia culturale rispetto la visione dei rapporti sociali che esprime.

È MERITOCRATICA ma lascia aperta la porta a tutti nel preservare la propria unicità mentale; propone un mondo libero da sofferenza e sfruttamento, perché i dati salvaguardati consentono di stare sul mercato in una posizione di forza. Propone una via di uscita da disastri ambientali, sovrappopolazione, limitazioni e progressivo esaurimento delle risorse naturali, perché le menti salvate dalla morte non avranno corpi che consumano alimenti e energia, bensì macchine più o meno seducenti che consumano poco e che possono andare anche con l’energia solare. E con indubbia capacità di pubbliche relazioni, molti dei transumanisti ricordano che l’antecedente del transumanismo è quella attitudine postumana che vedeva la possibile simbiosi tra umano e artificiale come una concreta possibilità di soluzione di malattie e handicap disumanizzanti. Il transumanismo sarebbe dunque una evoluzione del post-umano. Filofofe marxiste come Donna Haraway o femministe come Rosi Braidotti possono dunque quietarsi nella loro critica al capitalismo digitale, perché il transumanismo traccerà il sentiero verso il mondo dell’abbondanza.

SIGNIFICATIVI sono i riferimenti a un’opera considerata la bibbia di questa ideologia (La singolarità è vicina), dove Kurzweil elabora uno schema in base al quale prevede che i tempi di sviluppo di tecnologie e software adeguati per questo scopo rispondono quasi a leggi oggettive, come quelle che prevedono ogni tot mesi il raddoppio della potenza di calcolo dei microprocessori. Qui la fantascienza sembra proprio farla da padrona, ma sarebbe un approccio sbagliato. Il transumanismo è una visione feroce dell’evoluzione.

Sopravvive solo chi può, cioè ha i mezzi economici per farlo. Oppure i prescelti per l’immortalità sono coloro che hanno le relazioni giuste, che sono dentro una rete sociale ed economica di potenti. In una miscellanea tra visione tribale, feudalesimo digitale e fede nel capitalismo, il transumanismo è il tentativo di rispondere alla perdita di forza propulsiva dell’ideologia californiana dopo la crisi del 2008, la crescita del timore di una povertà su scala globale dovuta alla sostituzione degli umani con le macchine e alla crisi ambientale. Per il momento, è un’attitudine manifestata con discrezione e pudore, ma fornisce il collante sociale a una élite globale in crisi di legittimazione. Non è poco, perché l’egemonia si costruisce anche così.