Una strega spazzava il cielo dall’ipocrisia, una fata conosceva i
«Ce ne sono pochi, mi serve …» spiegò a Geo. Geo ancora non si strappa dagli occhi la «mappaluna» e il Mare della Tranquillità. Altre volte mi capitò di presentare il suo libro e poi con Agostino Ferrente l’idea di un videoclip su Alfonsina Strada. Era la più Alfonsina delle donne. Un pomeriggio di quelli che fanno odiare Roma, afosa e bellissima, ospitati nella Ex Snia, al Prenestino, dove è nata la prima ciclofficina del mondo. Lei suonò la tromba, si mise a saldare pezzi di ferro, indossò una tuta da meccanico, girò ruote, manipolò raggi, unse di olio catene, trasformò l’acqua in vino, moltiplicò i pani e i pesci, con leggerezza. Aspirando ogni consonante, ci disse: «La prima gita in bici, a Viareggio, da Firenze, con un mio amico, dormendo sulla spiaggia, avevo vent’anni … e l’ultima, da Trieste a Grado, un pranzo veloce che s’aveva daffare ancora un gran bel pezzo di strada per il ritorno».
Ottantacinque chilometri a/r a ottantacinque anni. Toccò a me presentarle Alfredo Martini, l’uomo più limpido del ciclismo. Per Margherita, Alfredo organizzò una serata a Sesto Fiorentino. Martini con la coccarda di «terzo» alla Cuneo – Pinerolo del ‘49 dietro Coppi e Bartali, non aveva mai conosciuto quella bambina che da piccola giocava per strada a Firenze a poche centinaia di metri da lui e da adolescente lo vedeva sfrecciare sulla riva dell’asfalto aspettando Bartali. Stavolta sei saltata troppo in alto, Margherita, sai? Potresti ricadere ovunque, fra mille, diecimila anni, su qualunque pianeta, sarà acqua dalle rocce e, dal letame cosmico, fiori.
* cantante dei Têtes de Bois