Mosca, inizio anni Ottanta, lo scrittore Feliks Sorokin è sollecitato dall’Unione degli scrittori a presentare un’opera che sarà sottoposta, presso l’Istituto di ricerca linguistica dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, al vaglio di una macchina innovativa in grado di stabilirne l’effettivo valore letterario. Sulle prime Sorokin non sa bene come muoversi, preoccupato di cosa un tale esame possa comportare nel contesto sovietico. Alla fine sceglierà di gettare il cuore oltre l’ostacolo, ripescando dalla Cartella azzurra dove conserva i propri testi inediti un manoscritto, dal titolo «Brutti cigni»: il suo romanzo segreto nel quale uno scrittore di nome Viktor Banev fa la conoscenza di misteriose creature dotate di poteri soprannaturali e invisi agli adulti tanto quanto sono in grado di toccare la sensibilità dei bambini.

BASTEREBBERO forse queste poche righe per far comprendere come, al pari di gran parte della loro opera, Destino zoppo di Arkadij e Boris Strugackij che Carbonio propone ora nella traduzione di Daniela Liberti (pp. 360, euro 19,50) sia molto più che un semplice romanzo di fantascienza. Ultima opera firmata insieme dai due fratelli, tra i protagonisti della narrativa russa del Novecento, Destino zoppo si presenta infatti non solo come una storia immersa nel fantastico e che guarda esplicitamente al futuro, ma come una sorta di gioco di specchi letterario con la stessa tradizione culturale e con la condizione politica del grande Paese. Non solo gli Strugackij utilizzano per il romanzo redatto da Sorokin alcune parti di una loro opera in precedenza bloccata dalla censura sovietica e circolata solo nella forma del samizdat, ma la stessa figura dello scrittore moscovita è ispirata a quella di Maksudov, il letterato protagonista del Romanzo teatrale di Bulgakov, che l’autore non portò mai a termine perché impegnato nelle correzioni del Maestro e Margherita e che sarebbe uscito solo postumo.
Scritto nella seconda metà degli anni Ottanta, nel clima che accompagnava le speranze e le incertezze della perestrojka, Destino zoppo avrebbe potuto fare la fine di altre opere dei due fratelli, circolate solo clandestinamente dopo il rifiuto da parte degli organi di controllo dell’Urss o che hanno atteso decenni prima di essere pubblicate. In realtà, dopo alcuni estratti usciti sulla rivista Neva nel 1986, sarebbe stato pubblicato per esteso nel 1989.

NELLA POSTFAZIONE firmata da Boris Strugackij, scomparso nel 2012 dopo che Arkadij se n’era andato già nel 1991, il senso ultimo di quella che sarà l’opera di commiato dei fratelli dalla scena letteraria russa: «Volevamo descrivere un uomo di talento, schiacciato senza alcuna speranza dalle circostanze della vita, che viene afferrato per la gola dal “secolo del cane lupo” definitivamente e per sempre, e lui accetta ogni cosa, si riappacifica quasi con tutto, e nonostante ciò si permette a volte di dare libero sfogo alla propria volontà – in segreto, al di là di porte chiuse ermeticamente, a lume di candela – poiché a differenza del Maksudov bulgakoviano sa e capisce perfettamente che oggi, qui e adesso, è permesso, e quello che non è permesso non lo sarà mai».

Il romanzo sarà presentato domani alle 18,30 a Roma nell’ambito di Fantasyland presso la Libreria Feltrinelli Argentina da Graziano Graziani e Michele Gravino.