Richiamare l’ambasciatore italiano al Cairo, dichiarare l’Egitto Paese non sicuro e bloccare la vendita di armi. Sono le tre richieste che ieri la legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha ribadito nella conferenza stampa convocata dall’Fnsi, in un giorno definito dal presidente della Camera Roberto Fico «una tappa fondamentale» verso la verità sull’omicidio di Giulio Regeni.

Mentre la Commissione parlamentare d’inchiesta spegneva le telecamere ed entrava in audizione segreta, si accendevano i microfoni della famiglia, in collegamento video con Roma: «Non è una festa ma una tappa importante per la democrazia italiana e per l’Egitto – dice la madre di Giulio, Paola Deffendi – È Giulio che fa cose. Ha illuminato la situazione dell’Egitto che noi cittadini comuni non conoscevamo. Ora è uno specchio di come vengono violati i diritti umani in Egitto tutti i giorni».

Uno specchio di quel che accade oltre il Mediterraneo, ma anche in casa nostra. Lo spiega Claudio Regeni puntando il dito contro l’evidente e malsano rapporto Italia-Egitto, una relazione che ingrassa, rivendicata lo scorso giugno dal primo ministro Conte: «Quando è stato deciso dal governo Gentiloni di rinviare al Cairo l’ambasciatore Cantini, uno degli scopi principali era la ricerca di verità e giustizia per nostro figlio. Purtroppo questo punto è stato messo in secondo piano, dando priorità alla normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto e a sviluppare i reciproci interessi in campo economico, finanziario, militare e nel turismo, evitando di affrontare qualsiasi scontro».

Un favorire il dialogo «interpretato solo in campo affaristico e politico senza mai menzionare la costante violazione dei diritti umani in Egitto». In mente c’è l’ultimo accordo di una lunga serie, la vendita di due fregate Fremm Fincantieri, di cui la prima pronta a salpare da La Spezia verso le coste nordafricane. Ma gli affari non sono solo militari, sebbene siano questi ad aver subito il balzo maggiore, dai 7,1 milioni del 2016 agli 871 del 2019 (a breve 9-11 miliardi di euro grazie al pacchetto di navi da guerra, elicotteri e sistemi tecnologici): dal 2012 a oggi le importazioni italiane verso Il Cairo sono sempre rimaste nell’ordine dei 4-5 miliardi di euro annui (dati disponibili fino a luglio 2020), quelle egiziane sui due miliardi, con la parte del leone giocata da petrolio e gas, grazie ai due mega bacini sottomarini Noor e Zohr scoperti dall’Eni nelle acque egiziane.

È in questo contesto che la famiglia insiste per risposte politiche. Una richiesta Paola Deffendi la muove anche alla Commissione d’inchiesta: «Fare chiarezza sulle responsabilità italiane: cosa è successo nei palazzi in Italia dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, cosa non ha funzionato, perché un cittadino italiano non è stato salvato in un Paese che era amico e resta amico. Giorni tremendi per Giulio».