Hai voglia a lottare e a lavorare onestamente, questa è una guerra e in queste occasioni Al Pacino parlando da generale (in «Profumo di donna») era stato chiaro: «Ci sono due tipi di persone al mondo: quelle che tengono duro e fanno fronte alle situazioni e quelle che se ne scappano. Scappare è meglio». Diceva scherzando.
Invece i nostri amministratori locali, nonostante i dati e le analisi approfondite consiglino una fuga senza ritorno, restano al loro posto. Solo quest’anno sono stati 351 gli atti di intimidazione e di minaccia contro i rappresentanti delle istituzioni, una media di 29 al mese, uno al giorno. È quanto emerge dal rapporto presentato da Avviso pubblico, l’associazione per la formazione locale contro le mafie. Un’iniziativa rivolta alla stampa, presentata non a caso durante la due giorni di manifestazioni tese a ricordare la 19esima giornata in memoria delle vittime della camorra voluta da Libera e Don Ciotti.

Il rapporto appena diffuso, da qualunque parte lo si guardi, fa accapponare la pelle. Gli amministratori locali e i funzionari pubblici in questi ultimi tempi hanno subito di tutto: «Lettere contenenti minacce e proiettili, auto incendiate, spari alle abitazioni, uso di esplosivi per impaurirli, aggressioni verbali e fisiche, sequestro di persona, ferimenti con colpi di arma da fuoco, omicidi», come è riportato sul sito di Avviso Pubblico. Anche alcuni amministratori del Nord sarebbero costretti a vivere sotto scorta. «In molti – dicono dall’associazione – si sono dimessi per paura o pensano di farlo».

Non solo. Secondo le analisi la situazione sarebbe perfino peggiorata rispetto al primo rapporto stilato nel 2010. Le minacce, le pressioni, gli attentati, sono saliti del 66%. Un numero distribuito tra 18 regioni, 67 province e 200 comuni, che dà il senso di quanto esteso possa essere il fenomeno se non verranno presi provvedimenti. Solo lo scorso marzo a Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia, è stata inviata una busta, intercettata dalla sicurezza di Palazzo d’Orleans, contenente un proiettile da fucile di grosso calibro.

Purtroppo anche in questo caso è Il Mezzogiorno ad essere tra i protagonisti principali del braccio armato della criminalità organizzata. «Il fenomeno delle minacce e delle intimidazioni verso sindaci, assessori, consiglieri comunali, provinciali e regionali – è scritto nel rapporto – si è registrato prevalentemente nelle regioni del Sud, dove è stato censito l’80% dei fatti rilevati». Ma tra globalizzazione, migrazione, emulazione, e soprattutto debolezza dello stato, le pressioni e le intimidazioni verso i rappresentanti delle istituzioni si allargano a macchia d’olio. Nel Centro Italia, ad esempio c’è stato un aumento del 8,3% del totale, nel Lazio addirittura si registra un aumento del 60%, facendo schizzare la regione al sesto posto a livello nazionale. Per la prima volta entra nelle statistiche anche la Toscana del sindaco-premier Matteo Renzi.

Non c’è da gioire in Emilia Romagna, ma anche il tranquillo Nord ha i suoi grattacapi. A livello nazionale il Veneto si colloca al settimo posto (con 9 casi) mentre Lombardia e Piemonte sono a pari merito con 8 casi. È singolare poi che la criminalità organizzata preferisca agire soprattutto d’estate: «Il maggior numero di atti intimidatori riferibili allo scorso anno – scrivono – si è registrato nei mesi di giugno (42 casi) e di agosto (46 casi), mentre il dato più basso è stato rilevato nel mese di marzo (19 casi)».

Da sottolineare infine il primato della regione Puglia che con il 21% degli avvenimenti delittuosi, nel 2013, riesce a superare addirittura la Calabria, mentre la Sicilia resta stabile al terzo posto con il 20% dei casi. I soggetti più sensibili alle minacce sono quasi sempre sindaci, consiglieri comunali e presidenti di consigli comunali, seguiti da funzionari pubblici. Quest’anno sono stati tre i governatori regionali a essere vittima delle minacce: quello dell’Abruzzo, della Liguria e appunto Rosario Crocetta della Sicilia.