Sul Green pass si sta polarizzando uno scontro chiaro sul piano dell’evidente contrapposizione tra due schieramenti pro o contro il suo uso, indefinito sulle prospettive. All’opposizione al Green Pass confluiscono gruppi molto diversi tra di loro. Coloro che, estranei o ogni tentazione di violenza o al populismo (e all’interno di una dialettica del tutto legittima in una democrazia), criticano la limitazione della libertà e paventano il rischio di un controllo digitale dei cittadini. Coloro che, per vari motivi, considerano i vaccini anti Covid pericolosi. Gli anti-vax che esistono, agiscono da molto prima della pandemia e la cui avversione ai vaccini è parte di un’ideologia sul modo corretto di vivere.

Infine nella protesta sono coinvolte tendenze diffuse piuttosto anonime e non facilmente definibili che, al di là della loro appartenenza (poco misurabile) a forze ultraconservatrici o francamente reazionarie, sono in progressiva espansione.
Ad essere realmente pericolosa è la presenza di queste tendenze – che, altamente contaminanti sul piano psicologico, non c’entrano nulla di per sé non con l’opposizione al Green pass (attecchiscono come parassiti in ogni forma di protesta). Tali tendenze che muovono quantità considerevoli di consenso e fanno la fortuna dei vari Trump e Orbán, dei demagoghi autoritari in tutto il mondo, hanno come comune denominatore il rifiuto dei legami condivisi e l’abbandono (euforizzante) del senso di responsabilità nei confronti di sé e degli altri. Gli effetti psichici della pandemia e dei lockdown le hanno consolidate e rese più imprevedibili e complicate da affrontare.
Il pericolo vero a cui siamo di fronte, non sono i critici del Green Pass, né coloro che temono e avversano i vaccini, ma lo stato prolungato di un’emergenza che la pandemia ha reso più manifesto, e l’ha anche molto complicato, e la disaffezione preoccupante nei confronti della vita democratica e della Polis.

La vittoria delle forze democratiche nelle elezioni comunali è un sollievo, ma l’altissima astensione è molto allarmante.
In questo contesto la polarizzazione dello scontro sul Green Pass può creare una distrazione insidiosa. L’uso del Green pass non é comprensibile senza il suo confronto con l’uso del lockdown. Entrambi sono restrittivi della libertà, ma il Green Pass molto meno. Sia perché offre una quasi piena libertà di movimento ai vaccinati sia perché non costringe i non vaccinati a vivere in clausura stretta. Il problema della discriminazione e le difficoltà lavorative per tanta gente sussistono (non potrebbe essere altrimenti), ma per tutti i sinceri democratici che se ne preoccupano (ed è giusto), è importante che questa prospettiva sia collocata sul piano di una competenza scientifica relativa ai dati sanitari che non possono essere trascurati.

La salute pubblica è in crisi e la medicina dovrebbe rinnovare il suo approccio all’essere umano e alla cura, ma è temerario ignorarla o svilirla. Secondo i dati medici la vaccinazione non è dannosa e riduce la diffusione e la gravità dell’infezione. Quindi il Green Pass è utile e un’alternativa valida al lockdown. Se si pensa che così non è bisogna provarlo scientificamente.
Detto ciò, è ragionevole comprendere che il Green Pass non può reggere a tempo indeterminato. Sarà difficile continuare a convivere, senza conseguenze psichiche e politiche davvero drammatiche, con l’incombere di nuove varianti di virus, altre pandemie e vaccinazioni continue. Le riserve nei confronti del vaccino sono presenti anche tra i vaccinati, nessuno ne è davvero immune.

La paura nei confronti del virus si è diffusa in tante forme, riguardanti oggetti diversi, che indeboliscono il senso di responsabilità e ci rendono diffidenti tra di noi. Guadagniamo tempo, riparando la salute pubblica e realizzando politiche serie di prevenzione sanitaria, prima che sia molto tardi.