Robert Pettena vagava non lontano da Forte dei Marmi quando scoprì accidentalmente un edificio avvolto dai rovi. La struttura era una vecchia polveriera in disuso appartenente agli impianti industriali costruiti da Alfred Nobel in Italia. Il chimico e filantropo svedese, universalmente noto come il fondatore dell’omonimo premio, deve la sua fortuna economica alla produzione di materiale esplosivi utilizzati per scopi civili (nelle miniere e per creare trafori alpini, per la realizzazione di opere pubbliche come strade, canali e ferrovie) e militari. Brevettò la dinamite nel 1867, dopo aver letto della scoperta della nitroglicerina compiuta dal chimico torinese Ascanio Sobrero, a cui riconobbe una pensione vitalizia. Tre anni dopo fondò la Nobel Industries Ltd per produrre esplosivi ad Ardeer nello Ayrshire, sulla costa occidentale della Scozia. Nel 1896, l’anno della sua morte, possedeva più di novanta fabbriche di dinamite attive in diversi paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Italia, Sud Africa, Argentina, Brasile, Svezia, Inghilterra. Ancora oggi, diverse multinazionali portano il suo nome e discendono dalle oltre 90 fabbriche che Nobel fondò.

Robert Pettena. Noble Explosion è il titolo della mostra, presentata alla Palazzina dei Giardini di Modena (visitabile fino al 1 marzo; è di ieri la notizia che l’autore ha donato 49 fotografie al museo), che raccoglie la ricognizione compiuta da Pettena sui siti Sipe-Nobel sul territorio italiano, con un ampio approfondimento su quello di Spilamberto, in provincia di Modena. La mappatura (in progress) ha portato Pettena a visitare, dopo la scoperta della polveriera di Forte dei Marmi, il punto di partenza di un lavoro più articolato, i siti di Cengio, al confine tra Piemonte e Liguria dove veniva realizzata Tnt per l’esercito italiano impiegato nella guerra coloniale in Libia, a Avigliana (Torino), Signa, Orbetello, Ferrania, Gallicano, e a Spilamberto. Oltre alle immagini fotografiche dei siti visitati, l’artista ha composto un archivio con materiali ritrovati nelle fabbriche o acquistate da antiquari come libri paga, visori e negativi stereoscopici, disegni tecnici, maquette e macchinari per la produzione di nitroglicerina. Oggetti e documenti che riportano in superficie una storia ormai dimenticata, visto che in Italia gli stabilimenti Sipe-Nobel non vi sono più presenti, a differenza di altri paesi in cui sono ancora attivi.

L’ex Stabilimento Italiano Prodotti Esplodenti (Sipe)-Nobel di Spilamberto è stato chiuso nel 1995. Ha una lunga storia alle spalle: iniziò a produrre polveri da sparo già nel 1510 per volontà del duca Alfonso I d’Este, e da lì fino al 1901 quando venne acquistato dalla Sipe-Nobel. Copriva un’area di sessanta ettari di terreno che devono essere bonificati prima di essere riutilizzati, a differenza di altri siti italiani che invece lo sono stati.

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«Mi sono sentito una sorta di Stalker, come il protagonista del film di Tarkovskij, ogni volta che entravo in una di queste fabbriche – ha raccontato l’artista – Aree inaccessibili, ognuna con una diversa struttura architettonica e un diverso stato di abbandono. In tutte la vegetazione ha preso il sopravvento. A Spilamberto regna un silenzio mortale, vista la tossicità del terreno e all’assenza di animali, che evitano di vivere in quel luogo. Lì ho ritrovato molti materiali abbandonati. All’inaugurazione della mostra una donna mi si è avvicinata dicendomi che aveva lavorato in quella fabbrica, ed era colpita nel ritrovare il suo nome nei libri paga esposti».

Pettena non intende suggerire soluzioni risolutive per il riutilizzo dei siti Nobel, né rendere un omaggio archeologico/nostalgico alle architetture industriali, quanto o riflettere e riportare in superficie quella complessa rete di industrie che hanno avuto ripercussioni sulle vicende sociali, economiche e istituzionali del paese. Un approccio vicino a quello di The Center for Land Use Interpretation, gruppo interdisciplinare composto da architetti, urbanisti, fotografi, attivisti formatosi a Culver City in California nel 1994, che organizza mostre, presentazioni, pubblicazioni, convegni e visite a luoghi che sono importanti testimonianze della storia economica e industriale degli Stati Uniti, come giacimenti petroliferi, impianti idroelettrici, eliporti o centrali nucleari in disuso. Un’analisi compiuta anche da Atlas of Radical Cartography con progetti riguardanti temi come i sistemi di sorveglianza, l’inquinamento, le migrazioni. Experimental Geography è stata definita dal geografo Trevor Paglen la disciplina che indaga le intersezioni e le ricombinazioni linguistiche tra antropologia, economia e studi del territorio.

«Noble Explosion non è un reportage giornalistico – ha precisato il curatore della mostra Marco Pierini – Lo sguardo e l’approccio di Pettena non è quello del testimone, bensì dell’artista. La restituzione fotografica insiste sul dettaglio e sulla relazione tra lo spazio del lavoro e quella dell’individuo, che è sempre evocato anche se non è mai presente. Le sue immagini fotografiche devono essere considerate come una presa di coscienza e non una registrazione, come lo sono qualsiasi operazione conoscitiva, come affermava Ugo Mulas».

Robert Pettena. Noble Explosion sarà anche l’ultima mostra curata da Marco Pierini, dimessossi dalla carica di direttore della Palazzina dei Giardini a fine dicembre, in polemica con la decisione del Comune di Modena di utilizzare per sei mesi (durante l’Expo di Milano) lo spazio espositivo come vetrina per i prodotti enogastronomici modenesi, mentre erano già state programmate mostre del fotografo statunitense Art Kane e di Daniel Spoerri, padre della Eat Art. Sotto la cura dello chef pluristellato nonché direttore artistico Massimo Bottura la Palazzina dei Giardini, che per più di 30 anni ha ospitato mostre di artisti internazionali,diventerà il Villaggio del gusto e sarà «destinata», come ha dichiarato l’ex direttore, «a scopi non compatibili con la sua missione». La scelta del Comune ha suscitato polemiche che hanno raggiunto anche le pagine del quotidiano inglese The Guardian e una petizione in Italia per far ritornare l’amministrazione sui propri passi.