Alle 8 del mattino Mimmo Lucano esce dalla sua abitazione e si dirige al palazzo di Giustizia di Locri, nei pressi del lungomare, per l’interrogatorio di garanzia. Ha il volto tirato di chi ha passato notti insonni. Con lui il pool di legali, guidati dall’avvocato Antonio Mazzone. Saranno quattro ore intense.

AL TERMINE, IL SINDACO, sospeso da ieri, si ferma a parlare con i cronisti. Ha il volto decisamente più disteso. Sulla revoca dei domiciliari, il giudice si è riservato. Ma ha fatto presente che tra le restrizioni non vi è quella di parlare con l’esterno. E Lucano non si tira indietro. Parla a briglia sciolta ed espone il suo pensiero. «C’è chi mi accusa di non aver rispettato le regole, ma la Costituzione, nata dalla lotta partigiana, la rispetto più io di molti che si nascondono dietro le cosiddette regole. E il primo insegnamento della Costituzione è la tutela degli esseri umani che non vanno discriminati per il colore della pelle, etnia o nazionalità».

CHI LO CONOSCE SA che in questi giorni di forzato silenzio era come un leone in gabbia. Perché la sua schiettezza è anche la sua forza. E pure sulle accuse che gli vengono contestate non ha filtro: «Ciò che mi sta succedendo è una cosa assurda. Anche i giudici mi hanno appena confermato che io sono agli arresti per un reato di umanità. Ma mi è stato detto che la legalità viene prima di tutto. Non vanno violate le regole».

E QUI LUCANO SI INFERVORA e gli torna alla mente, come un colpo al cuore, il giorno in cui arrivò a San Ferdinando al capezzale di Becky Moses, con la copia della sua carta d’identità in mano. «Ma io a queste persone che parlano di regole vorrei chiedere se è regolare quello che è successo a Becky e se c’è qualcuno che ha pagato per il diniego di accoglienza che lei ha subito e per cui è morta bruciata? No, nessuno ha pagato. E io sto male ancora a pensarci. Perchè salvare una sola vita dalla strada e dalla morte vale fare il sindaco, dà significato a un’intera vita». Sulla questione dei presunti matrimoni combinati Lucano non ha remore: «Tutto inventato o meglio si tratta di frasi estrapolate dal contesto e mal interpretate. Non capisco perché hanno fatto certe caricature. E poi perché parlano di matrimoni al plurale? È stato solo uno, ma non è stato combinato. Abbiamo fatto le pubblicazioni, come in tutte le cose regolari».

SULL’AFFIDAMENTO DIRETTO del servizio rifiuti che i giudici reputano fraudolento, in quanto affidato a due cooperative non iscritte all’albo speciale, Lucano obietta che quell’albo al tempo non esisteva nemmeno. In effetti, l’albo delle coop sociali dal 2012 al 2016, gli anni in cui Lucano ha affidato i servizi alla Ecoriace e alla Girasole, non c’era affatto in Calabria.

E POI, PIÙ IN GENERALE, non riesce a trattenersi e sbotta. «Ma come è possibile che in una zona assediata dalle ecomafie, ridotta a discarica per mare e per terra, devo essere perseguito per questo? C’è la ‘ndrangheta che controlla questo ciclo dei rifiuti e praticamente io ho cercato di fare luce, di coinvolgere le cooperative sociali. Devo pagare per questo?». Lucano ribadisce poi che nelle cooperative coinvolte lavorano «persone svantaggiate, riacesi e migranti e abbiamo cercato di dare lavoro ai disoccupati, in un paese affamato di lavoro e di speranza. E abbiamo portato pulizia e decoro. Nel primo anno di sindaco c’erano il percolato e i liquidi insalubri in mezzo alle strade, oggi non c’è un mozzicone di sigaretta in terra. Perché come mi ha insegnato il mio amico Salvatore Procopio di Botricello dove c’è un rifiuto c’è una risorsa».

INFINE, SUI FONDI per l’accoglienza su cui la procura ha intenzione di ricorrere al tribunale del riesame per riaffermare i capi d’accusa cassati dal Gip, Lucano insiste: «Io non ho mai guadagnato, né preso soldi da alcuno. A chi voleva darmeli ho sempre detto di devolverli in beneficenza. I soldi che mi hanno offerto per la fiction li ho rifiutati. A Riace sono stati usati soldi pubblici solo per progetti relativi ai migranti e per alleviare sofferenze, opportunità di lavoro e di integrazione o dare una vita migliore a perseguitati o asilanti. Questa è la chiave di un sistema che si è fatto conoscere come modello di buone pratiche ambientali e umanitarie nel mondo intero».

E che Lucano non dimentica mai di difendere: «Riace non ha mai preso più soldi di altri Sprar. Ma differenza di altri, e a differenza anche dei tanti Cas sparsi per l’Italia, abbiamo fatto accoglienza e integrato migliaia di persone. Creando tante opportunità per i locali».