Se nelle scorse elezioni politiche Berlusconi avesse vinto e si fosse accaparrato l’abnorme premio di maggioranza, ora non staremmo a disquisire sulle varie «scelte condivise» per il nome del prossimo inquilino del Quirinale: potenza del porcellum, lui o Gianni Letta sarebbero stati eletti al quarto scrutinio. La nostra Costituzione è tutta imperniata sul principio proporzionale per le molteplici scelte degli organi costituzionali, dalla Presidenza della Repubblica al Csm e via dicendo. Il sistema maggioritario, in nome della governabilità, ha stravolto tutti i meccanismi di elezione consegnando a una esigua minoranza – la migliore perdente – un potere che certo i Costituenti non si sognavano di attribuirle.

Ora siamo nei guai e l’unico rimedio, per evitare che la minoranza del Pd in termini di voti popolari nomini un suo Presidente, sembra sia quello di scegliere tra una rosa di nomi di personalità del centrosinistra gradito al Pdl. E’ una proposta irricevibile perché implica la perpetuazione dell’anomalia berlusconiana, dato che il prescelto avrebbe come mandato contrattuale la difesa degli interessi del Cavaliere, sia ad personam che ad aziendam.

La contropartita sarebbe il governo Bersani: troppo poco, anche perché dovremmo scordarci conflitto di interessi, corruzione, falso in bilancio, autonomia della magistratura, tutela dei beni comuni, lotta all’evasione fiscale. Questi ultimi problemi di merito credo che Bersani li abbia compresi, ma non sembra che né lui, né il Pd, abbiano compreso il valore della scelta della rosa dei nomi, anche se il Cavaliere abbia in più modi espresso il suo intendimento principale: essere tutelato.

Con tutto il rispetto per i nomi che circolano con la «rosa», non possiamo dimenticare il disastroso passato di omissioni, troppe volte contrattate e volute, al quale si ricollega, come causa ad effetto, il ventennale potere berlusconiano di certo ascrivibile anche a tutto il centrosinistra: ora nel patto ci sarebbe anche la scelta di un presidente gradito da Berlusconi perché programmato a sua tutela e ciò è inaccettabile, pena anche il dissolversi del Pd il cui elettorato non è poi così ingenuo.

Se dunque la legge elettorale è quella che è, e i numeri in Parlamento sono quelli che sono, meglio scegliersi un Presidente a maggioranza semplice e, a quel punto, nella «rosa» io metterei persone fuori dai giri di potere, di affidabilità democratica, con conoscenza delle pratiche istituzionali e grande equilibrio: Stefano Rodotà, Laura Boldrini e Luigi Manconi.

Le motivazioni di queste preferenze mi sembrano superflue, bastando ripercorrere a ritroso l’impegno profuso in anni di battaglie per i diritti, la legalità, le garanzie, i beni comuni, la difesa degli ultimi, degli immigrati, dei detenuti. Tutelerebbero tutti noi e anche il Cavaliere, ma solo e sempre secondo il dettato costituzionale.