La danza che sposa la musica da camera in un paesaggio astratto declinato attraverso il colore. Secondo titolo della stagione di balletto 2014/2015, il teatro alla Scala ha prodotto un nuovo allestimento di Cello Suites – In den Winden im Nichts del coreografo svizzero Heinz Spoerli. Il balletto nacque nel 2003 a Zurigo sulle Suites per violoncello solo di Bach n. 2 in re minore BWV 1008, n. 3 in do maggiore BVW 1009, n. 6 in re maggiore BVW 1012. Sulle altre tre Suites che compongono l’opera complessiva di Bach, Spoerli, che è stato per sedici anni il direttore del Balletto di Zurigo, aveva firmato in precedenza un altro titolo, ispirato a fuoco, terra, acqua. Per In den Winden im Nichts è il quarto elemento della natura, l’aria, a guidare come suggestione l’artista che firma con lo spettacolo uno dei suoi titoli più celebri.

Ogni Suite di Bach si compone di un Prélude, seguito da alcune danze: Allemande, Courante, Sarabande, Gigue, alle quali si aggiungono, differenziando la composizione delle tre Suites, Menuet (2a suite), Bourrée (3a suite), Gavotte (6a suite). Danze che Spoerli trasforma in visioni in movimento, differenziandole con tre colori, il rosso, il verde e il blu, che segnano la scena e i costumi. Coreografie che trasformano lo spazio in un luogo abitato dalla musica attraverso una struttura ariosa in cui assoli, duetti, terzetti ed ensemble si susseguono con lirica brillantezza anche grazie all’interpretazione dei due violoncellisti dell’Orchestra scaligera, Massimo Polidori e Sandro Laffranchini, alternati nelle repliche.
La sera della prima, al violoncello Polidori, Cello Suites ha messo in luce quanto la danza possa dire al pubblico anche senza raccontare storie, attraverso le qualità molteplici del solo movimento del corpo in sintonia con la partitura. Il cast ha visto in scena primi ballerini d’esperienza, da Mick Zeni, un artista costantemente all’altezza dei ruoli che interpreta, ad Antonino Sutera e al più giovane Claudio Coviello, che ha aperto la Suite n. 2 in re minore con un assolo di particolare efficacia che gioca tra sbarra accademica e potente movimento a terra. Grande rilievo anche ai giovanissimi Angelo Greco, Timofej Andrijashenko e Walter Madau, nonché alle partner Alessandra Vassallo, Vittoria Valerio, Antonina Chapkina e Virna Toppi.

Su tutti però ha brillato la prima ballerina Nicoletta Manni, una danzatrice dotata di un’eleganza naturale piuttosto unica. Non ha bisogno di enfatizzare nulla, quando entra in scena, semplicemente, ha aura, ed è una dote che appartiene ai grandi della scena. Manni ha danzato nel balletto intensi passi a due con Zeni (come la bellissima Sarabande della Suite in re minore) e con Timofej Andrijashenko. La sua è una qualità dinamica densa di sottigliezze, unita a doti fisico-interpretative che fanno la differenza: un collo che segue la danza come una carezza, braccia lunghe, che si muovono dando dettagli al movimento nello spazio, gambe parlanti, busto mobile. Una classe discreta, mai enfatizzata, indiscutibile.

Il nuovo sovrintendente Alexander Pereira, che con Spoerli ha lavorato a lungo all’Opera di Zurigo, ha annunciato, in occasione del debutto di Cello Suites, di voler dedicare alla musica da camera, ogni stagione, una delle tre produzioni di balletto. «Ci sono partiture – segnala Pereira – come il Quintetto della trota di Schubert, bellissime da suonare per i musicisti, molto individualistiche, che anche ai ballerini darebbero grandi possibilità di lavorare sui dettagli». Se il balletto di Spoerli è liricamente virtuosistico ed ha mostrato in particolare la qualità dei giovani danzatori scaligeri, la musica da camera potrebbe negli intenti del sovrintendente aprire anche altre strade. In progetto la creazione di titoli ideati su misura per i danzatori tra i 35 e i 45 anni, produzioni che darebbero ai ballerini più maturi la possibilità di interpretare novità a loro adatti prima della pensione, in Italia fissata a 45 anni.