«Trovare l’inchiostro e piangere!», scriveva Boris Pasternak nel 1913. Nel mese scorso, a Mosca, l’inchiostro ha lasciato lo spazio alle immagini. Alle immagini festose e trionfalistiche delle Olimpiadi invernali di Soci, sono infatti seguite a distanza di pochi giorni quelle drammatiche di piazza Maidan a Kiev. La primavera si presenta «cupa» (sempre per citare Pasternak) e il precipitare della situazione in Crimea, dove soggiornarono fra gli altri Puškin, Tolstoj, Cechov e Gorkij, spaventa per le possibili, drammatiche conseguenze.

Uno spiraglio alla speranza e al dialogo viene dalle iniziative culturali, tutte di altissimo livello, a riprova del fatto che, nei momenti difficili, la Russia si esprime al meglio attraverso la sua grande tradizione intellettuale. Si tratta di eventi che prevalentemente vedono le donne come protagoniste, a dispetto del modello maschilista proposto da alcuni atteggiamenti del presidente russo.

Mostre e pièce teatrali

Nella storica sede del Lavruscenskij Pereulok, presso la Galleria Tretjakov, si può ammirare la rassegna dedicata al «periodo parigino» dell’artista russa naturalizzata francese Zinaida Serebrjakova, di cui quest’anno ricorrono i 130 anni dalla nascita. La pittrice, appartenente alla famosa famiglia Benois-Lansere, nipote di Aleksandr Benois, esordì nell’ambito del gruppo «Il mondo dell’arte» e, in pochi anni, dal 1910, quando la sua tela Alla toeletta. Autoritratto (1909) fu esposta proprio alla Tretjakov in occasione della VII mostra dell’Unione dei pittori russi, divenne una delle prime donne nella storia dell’arte russa.

Da Parigi, dove si era recata negli anni della guerra civile scoppiata dopo la rivoluzione di Ottobre del 1917, la pittrice non rientrò più in patria, riuscendo però a farsi raggiungere solo da due dei suoi figli, mentre altri due rimasero per sempre in Unione Sovietica. Una tragedia familiare che Serebrjakova adombra in uno dei suoi lavori qui presentati, La casetta di carta. La mostra presenta più di settanta opere che coprono l’intero arco della sua produzione fuori della Russia: ritratti, paesaggi, disegni realizzati durante i soggiorni in Marocco del 1928 e del 1932, nudi e il trittico Il bagno del 1926, concepito come prosecuzione di un celebre ciclo eseguito ancora in patria. L’esposizione propone anche le opere dei figli «francesi» della pittrice, Ekaterina e Aleksandr che, negli anni del dopoguerra, divenne addirittura più famoso della madre. Una situazione che al giorno d’oggi è cambiata, visto che nel 2006, il Nudo dormiente di Zinaida Serebrjakova è stato battuto all’asta per un milione e mezzo di dollari.

Anche il Teatro d’Arte di Mosca, creato da Konstantin Stanislavskij, sta vivendo, sotto la direzione di Oleg Tabakov, un momento di successo di pubblico grazie a nuovi spettacoli che sperimentano le possibilità sceniche della letteratura contemporanea. In Manuale di corrispondenza, tratto dal romanzo omonimo di Mikhail Shishkin, (prossima rappresentazione il 26 marzo), la regista Marina Brusnikina riesce a dividere in voci un’opera che non sembra molto adatta al palcoscenico. In un cortile si sviluppa la storia d’amore di due giovani che, trovandosi lontani l’uno dall’altro, si scambiano lettere. Una storia d’amore insolita, perché il ragazzo Volodja è morto durante il servizio militare, anche se per la ragazza Saša nulla è cambiato: il giovane continua a vivere nel suo ricordo e nel dialogo che lei continua ad avere con lui. La sua esistenza risulta così altrettanto reale di quella dei bambini che giocano in cortile, dei parenti e conoscenti. Raccontando gioie e dolori della vita quotidiana, lo spettacolo segnala la possibilità di capirsi a prescindere da qualsiasi separazione di spazio e di tempo.

La serata letteraria sembrerebbe essere un genere di spettacolo ormai dimenticato, ma il Teatro d’Arte ha ripreso questa tradizione organizzando cicli dedicati alla poesia e alla prosa contemporanea. L’incontro con la letteratura consente agli attori non solo di ascoltare e meglio analizzare l’epoca contemporanea, ma anche di scoprire nuovi strati della cultura russa e di condividere le proprie scoperte e preferenze con gli spettatori. I cosiddetti «circoli di lettura», con la regia di Marina Brusnikina, si svolgono una volta al mese e riscuotono un notevole successo di pubblico. Con una semplice scenografia in bianco e nero, colori che si ripetono nell’abbigliamento dei giovani attori, alcune sedie disposte sul palcoscenico davanti ad uno schermo su cui vengono proiettate le foto dei giovani attori che leggeranno i testi da loro stessi scelti e in sovraimpressione si alternano il nome del poeta e dell’attore, andrà in scena, il 27 marzo, la poesia russa contemporanea. Agli spettatori, attraverso i versi di più di una ventina di autori, viene proposta una visione viva e non convenzionale della realtà russa contemporanea. Si inizia con i versi di Dmitrij Vodennikov e si finisce con quelli di Timur Kibirov, entrambi poeti molto noti, per chiudere tutti insieme con i cosiddetti «pirožki», un piccolo genere poetico nato su Internet, costituito da quattro versi senza punteggiatura.

La più recente sfida registica di Marina Brusnikina riguarda Lada o la gioia, il primo romanzo del poeta postmoderno Timur Kibirov, di cui si può vedere la versione scenica al Teatro Accademico Russo per i Giovani (Ramt), diretto da Aleksej Borodin. Lo spettacolo ha già registrato il tutto esaurito per la rappresentazione del 20 marzo; anche il romanzo sta suscitando un notevole interesse (la casa editrice si è affrettata a pubblicare la seconda edizione), nonostante si tratti di un’opera decisamente inconsueta. Il libro, che racconta dell’amore «felice e fedele» fra il cane labrador Lada e l’anziana Egorovna, unici abitanti di un paesino sperduto, popolato solo d’estate, sembrerebbe impossibile da tradurre per il teatro.

Riflessioni sul presente

L’incontro fra due solitudini serve a Timur Kibirov per narrare la storia della letteratura russa e, attraverso le lunghe epigrafi poetiche che precedono ogni capitolo e le frequenti citazioni palesi e nascoste, per offrire al lettore la sua personale visione della vita di oggi nella campagna russa. La regista non traduce la prosa in drammaturgia ma conserva il testo dell’autore, trasportandolo con attenzione e rispetto sul palcoscenico. La scenografia è essenziale, gli attori non indossano costumi, né ci sono orecchie e coda per l’attrice, bravissima, che impersona il cane, gli spettatori sono seduti direttamente sul palcoscenico di lato agli attori e hanno un ruolo attivo negli avvenimenti su cui sono chiamati a dare il proprio giudizio. Mantenendo quasi tutte le epigrafi poetiche, le citazioni e la voce dell’autore che si inserisce nel testo per commentare fatti e personaggi, la regista riesce a creare uno spettacolo poetico, commovente, e a proporre allo spettatore una riflessione sul presente.

Lada o la gioia (in russo «Lada ili radost’», citazione esplicita del romanzo Ada o l’ardore di Vladimir Nabokov), in due ore di spettacolo, offre un’intera enciclopedia della vita russa e uno spiraglio di speranza sul futuro dell’umanità.