Qualcuno si è già affrettato a definirle «navi fantasma» ma di misterioso hanno davvero poco. I vecchi mercantili pieni zeppi di migranti arrivati nelle ultime 72 ore sulle coste della Puglia e della Calabria altro non sono che l’ultima versione, quella più aggiornata, dei traffici messi in atto dai mercanti di esseri umani, il risultato di accordi stipulati per organizzare viaggi lungo rotte più lunghe rispetto alla «tradizionale» tratta che dalla Libia porta fino in Sicilia, ma certamente più sicure e in grado di garantire a chi le percorre un tasso di sopravvivenza notevolmente più alto, specie di inverno. E questo proprio grazie alle navi usate, mercantili lunghi anche 100 metri che le organizzazioni criminali comprano per 100-150 mila dollari sicure di rifarsi abbondantemente grazie ai soldi pretesi dai migranti. Carghi che per quanto vecchi siano, sono ancora in grado di tenere il mare in tempesta meglio di un barcone.
Altissimo, ovviamente, il prezzo da pagare se si vuole salire a bordo. Non a caso su questi vecchi mercantili si trovano soprattutto siriani, tra i pochi in grado di pagare, interi nuclei familiari disposti a sborsare anche 6 mila euro a persona pur di fuggire dalla guerra civile che da tre anni devasta il loro Paese.
L’ultima arrivata è la Ezadeen, mercantile battente bandiera della Sierra Leone che ieri sera ha gettato l’ancora nel porto di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza. Se si è evitata una tragedia è grazie agli uomini della Guardia costiera, che dopo essersi calati da un elicottero hanno preso i comandi. A bordo c’erano 450 siriani tra i quali 50 bambini. Prima della Ezadeen, sabato c’era stata la Blue Sky M. carica di 797 siriani, famiglie con bambini accolte con generosità dalla gente di Gallipoli. E prima ancora c’è stato un altro cargo, apparentemente abbandonato in mezzo al mare dagli scafisti.
La prima novità è che non si tratta di una novità. E’ la stessa Guardia costiera a spiegarlo. «Negli ultimi mesi abbiamo avuto almeno altri 15 casi simili», conferma il capitano di vascello Leopoldo Manna, capo della centrale operativa della Guardia costiera di Roma. «In genere si tratta di vecchi carghi che partono dalla zona meridionale della Turchia, a sud della città di Mersin, e dirigono prima verso il mar Egeo, e quindi la Grecia, e poi nello Ionio».
L’esigenza di trovare un modo più sicuro per arrivare in Europa è nata nello scorso mese di settembre, dopo il naufragio al largo di Malta in cui persero la vita 500 migranti, la maggior parte dei quali siriani, ma anche palestinesi e africani. I primi carghi arrivarono in Sicilia, a Catania e Pozzallo, poi le prue della navi hanno fatto rotta verso la Calabria e la Puglia. I motivi di questa scelta sono molteplici. Uno riguarda sicuramente l’esigenza di trovare percorsi più sicuri in caso di bisogno. «Se si sovrappongono le aree di intervento Sar (Search and Rescue, ricerca e soccorso, ndr) di Grecia e Italia, vediamo che si crea un corridoio protetto per i migranti. Cosa che non avviene più per chi parte dalla Libia», spiega l’avvocato Fuvio Vassallo Paleologo dell’Asgi, l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. E questo nonostante gli sforzi enormi compiuti quotidianamente dalla Marina militare, che si è vista dimezzare i mezzi operativi dalla decisione presa dal governo di mettere fine alla missione. «Le ultime imbarcazioni salpate dalla Libia – prosegue Paleologo – sono arrivate con a bordo due persone morte per ipotermia e di sete, segno di un viaggio durato troppo a lungo anche per il ritiro di Mare nostrum che ha allungato i tempi dei soccorsi».
Non si tratta però, dell’unica motivazione che ha indotto i siriani a scegliere nuove rotte. Un peso importante lo ha avuto anche il caos politico della Libia, che ha reso il Paese troppo pericoloso. Al punto che chi può permettersi di pagare sceglie di partire dalla Turchia, come per l’appunto fanno i siriani. «Chi passa dalla Libia rischia la pelle più che in passato», prosegue Paleologo. «Ormai a partire da lì restano solo ghanesi, nigeriani e sudanesi che non hanno i soldi per arrivare in Grecia. Oppure intraprendono un’altra rotta, quella che attraversa Algeria e Marocco per arrivare a Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole dove infatti la pressione dei migranti che tentano di passare la frontiera è aumentata».
Nessuna prova certa, infine, che gli scafisti abbandonino i migranti al loro destino una vota arrivati in acque italiane. «Spetta alla magistratura fare le indagini – commenta il capitano Manna – ma mi sembra poco probabile sia per la distanza dalle coste che per le condizioni metereologiche che renderebbe l’abbandono della nave molto difficile». Molto più probabile, invece, che gli scafisti si confondano ai migranti sperando di sfuggire ai controlli. Come hanno tentato di fare i quattro trafficanti trovati dalla polizia tra i profughi della Blue Sky M. «Quella di abbandonare la nave è una tecnica che non convince», conferma l’avvocato Paleologo. «Se i migranti restassero davvero da soli cercherebbero di governare la nave, e invece sappiamo che vengono tenuti sempre lontani dalla plancia di comando».