I disturbi allergenici rappresentano un importante problema di salute pubblica. In Italia rispetto al 1950 è più che raddoppiata la percentuale di popolazione che ne manifesta disturbi. Secondo i dati Istat le sindrome allergiche rappresentano la terza causa di malattie croniche e il 10% dei bambini sotto i 14 anni soffre di sindromi asmatiche. Secondo l’Oms le allergie da polline arrivano a coinvolgere in alcune aree dell’Europa più del 20% della popolazione. Ma in tutte le aree del pianeta le allergie risultano in forte crescita, soprattutto nelle aree urbane, dove pollini e inquinanti atmosferici si combinano e sommano i loro effetti. La World Allergy Organization stima in almeno 300 milioni il numero di persone che nel mondo è affetto da asma bronchiale causato da pollini e che necessità di trattamenti costanti, mentre altre centinaia di milioni presentano sintomi respiratori minori.

AFFERMA L’ISPRA NEL SUO RECENTE RAPPORTO: «La produzione dei pollini e la loro concentrazione nell’aria sono legate ai cambiamenti climatici che influenzano l’inizio, la fine, la durata della stagione pollinica, l’intensità, la distribuzione spaziale». Era il 1979 quando fu indetta la prima conferenza mondiale sui cambiamenti climatici e gli scienziati si interrogavano sugli impatti negativi che potevano produrre le attività di natura antropica. In questi 40 anni si è assistito ad una accelerazione di tutti i processi, con un aumento della concentrazione di CO2 e un innalzamento della temperatura. L’ultimo rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) conferma che il clima terrestre si sta riscaldando e che la temperatura media è aumentata di 0,6°C nell’ultimo secolo. Questa variazione di temperatura ha determinato un aumento della biomassa vegetale e un considerevole incremento nella produzione di pollini.

LA SOCIETA’ ITALIANA DI ALLERGOLOGIA E IMMUNOLOGIA clinica in un suo documento afferma: «Il numero di persone che soffre di allergie è aumentato proporzionalmente con l’aumento delle temperature degli ultimi anni e con l’incremento dei pollini presenti nell’aria». Nadia Trobiani, biologa, in un recente seminario organizzato da Arpa Marche in collaborazione con l’Università Politecnica e l’Università di Camerino, ha messo in evidenza le correlazioni tra variabili climatiche e allergie, sostenendo che «la produzione di pollini si decuplica ad ogni aumento di mezzo grado della temperatura».

I MODELLI CLIMATICI CHE SONO STATI ELABORATI mostrano che la salute dell’uomo e il ciclo vitale delle piante sono messe in grave pericolo. La crisi climatica sta producendo gravi alterazioni sugli ecosistemi e i pollini svolgono un ruolo importante per comprendere i processi in atto. Il monitoraggio dei pollini è entrato da alcuni anni tra gli indicatori per il controllo di piante e salute umana. Le anomalie climatiche degli ultimi anni hanno spinto la comunità scientifica ad osservare ancora di più il comportamento dei pollini e delle piante che li producono. Sono numerose le specie vegetali che liberano polline contenente proteine in grado di scatenare una reazione anomala del sistema immunitario. Si tratta soprattutto di piante anemofile, che utilizzano il vento per diffondere i loro pollini.

C’E’ UNA PIANTA AL CENTRO DELL’ATTENZIONE DI BOTANICI, climatologi, medici: l’ambrosia. Questa pianta rappresenta un punto di riferimento per comprendere come la colonizzazione del territorio da parte di specie allergeniche può minacciare la salute umana. Il «mal d’ambrosia» si sta diffondendo in tutta Europa, con i potenti pollini allergenici della pianta che provocano forti reazioni del sistema immunitario. Arrivata in Europa nel secondo dopoguerra, la pianta si è diffusa rapidamente grazie alle condizioni di clima sempre più caldo e umido. La sua presenza si è consolidata anno dopo anno in nord Italia, Francia, Austria, Ungheria, Serbia, Slovenia, Croazia, Slovacchia, Romania e ora punta decisamente su Regno Unito e Danimarca. In Canada e Stati Uniti l’ambrosia rappresenta da anni la più importante causa di allergie.

NEL SUO RAPPORTO NAZIONALE L’ISPRA HA DESCRITTO lo stato e l’andamento dei principali allergeni presenti in Italia dal 2003 al 2019 e la relazione tra pollini e salute nelle diverse aree del paese. Sono state individuate sette famiglie botaniche di rilevante interesse allergologico: Composite (ambrosia, artemisia), Betullacee (betulla, ontano, carpino, nocciolo), Cuprassacee (cipresso, ginepro), Fagacee (faggio, leccio, cerro, castagno, quercia), Oleacee (olivo, frassino orniello), Graminacee (cereali e piante spontanee), Urticacee (parietaria). Dai dati emerge che gli inverni miti di questi ultimi anni hanno determinato un anticipo delle fioriture e della produzione dei pollini con la comparsa di allergie già a gennaio.

INOLTRE, IN MOLTE ZONE LE FIORITURE ANTICIPATE hanno «sincronizzato» la produzione dei pollini delle diverse famiglie vegetali, esponendo la popolazione a fenomeni di sensibilizzazione multipla. Anche l’introduzione in parchi e giardini di nuove piante ornamentali ha favorito una maggiore esposizione a pollini allergenici. Il carpino ne è un esempio. Dopo essere stato piantumato per la sua fitta chioma nelle aree pubbliche di molte città, ci si è accorti che un 10% della popolazione mostra sensibilità al suo polline. La gestione delle piante allergeniche in ambito urbano è un aspetto che non può essere trascurato. Ma c’è un altro elemento che va evidenzato: i cambiamenti climatici e i pesticidi stanno sconvolgendo i cicli vitali degli insetti impollinatori. Si può creare una situazione in cui ne traggono vantaggio le piante anemofile, quelle che producono i pollini allergizzanti, con un grave squilibrio ambientale e conseguenze sanitarie.

OGNI PAESE HA SVILUPPATO UN RETE DI MONITORAGGIO dei pollini. In Italia opera la rete Poll net, costituita da 70 centri e coordinata dall’Associazione italiana di aerobiologia. Per ciascuna delle sette aree climatiche in cui è suddivisa l’Italia viene fornito ogni giorno un calendario dei pollini con l’indicazione degli allergeni e della loro concentrazione, per ricavare informazioni sulla qualità dell’aria e attuare le misure di prevenzione e trattamento delle malattie allergiche.