La Costituzione della Terra ha bisogno di una società globale
lla debolezza delle carte dei diritti sovranazionali e delle istituzioni globali, si aggiunge una parallela crisi delle costituzioni e delle istituzioni di garanzia nazionali
lla debolezza delle carte dei diritti sovranazionali e delle istituzioni globali, si aggiunge una parallela crisi delle costituzioni e delle istituzioni di garanzia nazionali
L’idea di una Costituzione cosmopolitica ha origini antiche, Kant ne è il padre nobile. Una prospettiva che è da sempre al centro della riflessione teorica di Luigi Ferrajoli e che da ultimo viene rilanciata sul piano più propriamente politico e culturale. Lo scopo dichiarato è infatti quello di “dar vita ad un movimento d’opinione”. Alcune iniziative sono già state organizzate assieme a Raniero La Valle, ed ora viene pubblicato il testo “teorico”, con – in appendice – una bozza di 100 articoli di “Costituzione per la Terra”.
È questa una sfida che chiama in primo luogo in causa il costituzionalismo moderno. Lo ha evidenziato su queste pagine Pietro Bevilacqua: la proposta di una costituzione universale “nasce da una conclamata insufficienza della tradizione giuridica occidentale, quella del costituzionalismo”. Si potrebbe pensare a questo punto che sia utile abbandonare una via (quella del costituzionalismo nazionale) per abbracciare l’altra (quella del costituzionalismo universale). In fondo nel derby tra sovranisti e cosmopoliti l’alternativa è spesso riproposta.
La mia opinione, invece, è che si debbano tenere strettamente legate le due dimensioni: quella globale per affrontare le catastrofi che coinvolgono l’intero pianeta, quella locale per riuscire a imporre limiti e vincoli ai poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali, a garanzia dei diritti fondamentali delle persone e dei beni comuni di tutti. Volendo riprendere uno slogan di successo potrebbe sintetizzarsi così il futuro del costituzionalismo moderno: “Pensare globalmente, agire localmente”.
Non v’è dubbio, infatti, che ormai e da tempo la sfida del costituzionalismo esige una risposta globale che non può essere fornita solo a livello locale. Dall’emergenza eco-ambientale alle guerre diffuse, dalla lesione delle libertà e dei diritti delle persone migranti alle garanzie che assicurino il rispetto della dignità di tutti e dei subalterni in specie, dalla regolamentazione dei mercati e della finanza alle tutele del lavoro, dalla difesa dei beni comuni alla limitazione e controllo democratico dei poteri sovrani, sono tutte questioni che si pongono a fondamento della convivenza e che richiedono un sistema di salvaguardia in grado di operare anche sul piano internazionale.
È però da chiarire un punto: non è sufficiente scrivere un testo costituzionale, per quanto illuminato, affinché si possa ritenere di avere conseguito il risultato di una società globale nella quale la garanzia dei diritti sia assicurata e la limitazione dei poteri fissata; che rappresenta la ragion d’essere di un costituzionalismo normativo. È dunque sulla forza (o capacità) di imporsi ai sovrani pubblici e privati (Stato e mercato) che si deve misurare il futuro del costituzionalismo, sia quello nazionale che quello cosmopolitico.
Ebbene se spostiamo lo sguardo su questo aspetto scopriamo che non sono i testi costituzionali a mancare, neppure a livello sovranazionale. Le costituzioni democratiche nazionali certamente, ma anche la Carta dell’Onu e i tanti trattati o convenzioni sottoscritte dagli Stati e che forniscono – sulla carta – una fitta rete di garanzie. Tanto questo è vero che la stessa proposta di “Costituzione per la Terra” viene presentata come un modo per “rifondare il patto di convivenza pacifica” tra tutti i popoli, visto che sino ad ora il sistema delle garanzie è rimasto “vistosamente ineffettivo”. Se di questo si tratta – e mi sembra indiscutibile – bisogna interrogarsi sulle cause, non potendo illudersi che un’ennesima Carta dei diritti universale di per sé possa avere un diverso destino di inattuazione.
In proposito Ferrajoli evidenzia l’importanza di creare istituzioni di garanzia di carattere sovranazionale e funzioni globali di governo che possano assicurare il rispetto dei principi di giustizia sostanziale indicati nella “Costituzione della Terra”. Ma anche in questo caso non può dirsi non esistano organi sovranazionali istituiti da tempo. Sia istituzioni di governo come l’Assemblea dell’Onu o l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia istituzioni economiche e finanziarie come la Banca Mondiale o l’Organizzazione Mondiale del Commercio, sia istituzioni di garanzia come il Tribunale penale internazionale, se non anche quei tribunali d’opinione che giudicano sulle responsabilità politiche e sociali degli Stati alla ricerca dei “crimini di sistema” e che emanano “giudizi di verità”. Esperienze, per quanto esemplari, non in grado di contrastare – tantomeno prevenire – i crimini perpetrati nelle più diverse parti del mondo. Rimane aperta dunque la domanda: quali le cause di questa debolezza delle istituzioni della globalizzazione e del costituzionalismo sovranazionale?
La risposta a questa così impegnativa domanda ci porterebbe a riflettere sui presupposti materiali necessari per dare forza alle Costituzioni qualunque sia la dimensione spaziale. Scopriremmo allora che è l’assenza di un popolo organizzato e consapevole dei suoi diritti – di un soggetto costituente reale – che rende fragile ogni prospettiva. Discorso lungo e complesso. Mi limito a una considerazione puramente istituzionale, che assume lo stato di fatto come realtà, ma cercando di scrutare ad un possibile futuro.
Certamente è vero che a fronte della ancora forte debolezza nel farsi valere delle carte dei diritti sovranazionali e delle istituzioni globali, assistiamo ad una parallela crisi di effettività e capacità prescrittiva anche delle costituzioni e delle istituzioni di garanzia costituzionale nazionali, impossibilitate – se isolatamente considerate – ad affrontare temi universali, che coinvolgono i popoli del mondo e non solo quelli del proprio territorio nazionale. Ma è anche evidente – e la tragedia planetaria della pandemia ha mostrato anche ai più ciechi – il valore e il ruolo insostituibile degli Stati: è a livello locale che si assicurano i diritti fondamentali, mentre sono i poteri e le istituzioni regionali che forniscono i mezzi per renderli effettivi.
Così, la salute, le cure gratuite, la distribuzione dei farmaci, la salvaguardia della natura, il salvataggio – in mare e in terra – delle vite, la regolamentazione dei flussi migratori, i diritti del lavoro, la tutela dei disabili, l’eguaglianza tra le persone, le libertà sociali e politiche, la democraticità delle istituzioni, i limiti dei poteri politici nazionali (non invece quelli globali e dei mercati), hanno tutti una dimensione nazionale, che certamente si intreccia con quella globale, ma non è da questa assorbita. Per questo io credo che la sfida sia quella di riuscire a conservare – anzi a “rifondare” – un costituzionalismo che operi localmente, se si vuole dare forza ad un costituzionalismo oltre lo Stato.
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