La notizia era nell’aria da diversi giorni e ieri, ad un mese esatto dal voto, la Corte Suprema palestinese ha annullato le elezioni amministrative in Cisgiordania e Gaza bloccando il primo vero banco di prova, in un decennio, del sostegno politico per i due principali partiti palestinesi: Hamas e Fatah. La Corte riesaminerà la questione il 21 settembre e il 4 ottobre ma non è noto quando emetterà la nuova sentenza. E comunque ben pochi credono che i palestinesi dei Territori occupati andranno alle urne entro la fine dell’anno. Anzi a questo punto è difficile che possano farlo nel 2017. Il rinvio del voto infatti è destinato ad aggravare lo scontro tra Fatah e Hamas e a compromettere le residue speranze di riconciliazione tra le due formazioni. Un ritorno allo scontro aperto metterebbe fine anche ai negoziati, dietro le quinte, tra Fatah e Hamas, volti ad aprire la strada all’elezione del nuovo presidente dell’Anp al posto dell’81enne Mahmoud Abbas (Abu Mazen).

Il passo l’hanno fatto i giudici, con le carte e il codice, però l’annullamento delle votazioni ha senza dubbio radici politiche. Ieri mattina a Ramallah la Corte Suprema ha accolto il ricorso contro il voto presentato dall’avvocato Nael Al Houh perché i palestinesi che risiedono nella zona araba (Est) di Gerusalemme (sotto occupazione israeliana) non avrebbero potuto partecipare alle elezioni. I massimi giudici palestinesi inoltre hanno proclamato l’illegalità delle corti di Gaza, quindi sotto l’autorità di Hamas, sostenendo che non offrono sufficienti garanzia di imparzialità. La sentenza è apparsa a tutti una risposta alla decisione presa dai giudici di Gaza di squalificare per oscure ragioni “tecniche”, tra la scorsa settimana e ieri mattina, nove liste di Fatah alle elezioni di sindaci e consigli di 25 municipalità. La Commissione elettorale centrale ha subito sospeso i preparativi del voto. Hamas da parte sua ha lanciato accuse durissime a Fatah e all’Anp. «Siamo di fronte a una decisione politica che non ha nulla a che vedere con la legge, è una decisione dettata alla Corte Suprema da Fatah e dal presidente Abbas che avevano parura di perdere le elezioni», ha commentato il portavoce di Hamas, Salah al Bardawil. Pronta la replica di Amin Makboul, un alto funzionario di Fatah in Cisgiordania. «Piuttosto sono le decisioni dei tribunali di Gaza controllati da Hamas ad essere politiche, lo dice chiaramente la squalifica delle nostre liste».

Non è facile provare l’intento politico dietro le decisioni prese dai giudici a Ramallah e a Gaza. In ogni caso c’è del vero in quello che afferma Salah al Bardawil di Hamas a proposito dei timori di Fatah e Abu Mazen. Il presidente palestinese, in crisi di consenso, sotto attacco del governo di destra guidato dal premier israeliano Netanyahu, aveva convocato le amministrative perché convinto di poter rafforzare la sua posizione e quella del suo partito, Fatah. Non sapeva che Hamas avrebbe messo da parte il boicottaggio del voto che attuava da 10 anni per annunciare all’improvviso la sua intenzione di partecipare alle elezioni. Così il voto amministrativo si è trasformato in un test politico a tutti gli effetti, tale da avere riflessi di rilievo per la tenuta in Cisgiordania di Fatah, in crisi da anni e lacerato al suo interno.

Con il trascorrere delle settimane è apparso evidente che Hamas è in grado di conquistare diverse municipalità in Cisgiordania indebolendo ulteriormente Fatah e Abu Mazen. Una situazione che, spiegano fonti palestinesi, avrebbe offerto al governo Netanyahu una nuova opportunità per sostenere l’inutilità del negoziato con un presidente che non ha il controllo neppure di quel risicato 14% della Cisgiordania che Israele ha lasciato sino ad oggi all’Anp. Proprio ieri la Russia ha fatto sapere di aver strappato il consenso a Netanyahu e Abu Mazen per un vertice israelo-palestinese da tenere a Mosca (Tel Aviv e Ramallah fino a ieri sera non hanno confermato). Secondo le stesse fonti a temere il successo elettorale di Hamas in Cisgiordania erano anche europei ed egiziani che avrebbero fatto pressioni sull’Anp per congelare il voto.

Abu Mazen ha resistito fino all’ultimo ma ha dovuto cedere una volta che si è trovato davanti alla possibilità di offrire a Netanyahu nuove munizioni per la sua offensiva diplomatica. Israele l’altra sera ha sferrato un pesante attacco al presidente palestinese. La televisione pubblica, riferendo del lavoro di due ricercatori, ha trasmesso un servizio nel quale sostiene che nel 1983 Abu Mazen era un agente del Kgb sovietico a Damasco. Lo proverebbe un documento trovato nella documentazione che l’ex archivista del Kgb Vasili Mitrokhin portò in Occidente del 1992. Furiose le reazioni palestinesi