La Corte costituzionale ha resistito in questi anni in cui «i sistemi politici si sono radicalizzati in particolare sui temi valoriali e identitari» e in Europa sono state «minacciate o innalzate barriere nazionali contro il diritto comune». Ha resistito rafforzando la «collaborazione istituzionale come veicolo per consentire a ciascuno di esercitare le proprie responsabilità tenendo conto delle ragioni e dei vincoli dell’altro» e ricercando «l’equilibrio nella soluzioni di nostra competenza, con bilanciamenti mai unilaterali fra i valori costituzionali di volta in volta in campo». Questo è il bilancio di Giuliano Amato, nel momento in cui lascia la presidenza e la Corte costituzionale. Facendo l’augurio ai giudici che restano di «continuare lungo questi binari». Con una postilla nella quale è racchiuso il senso del suo messaggio di commiato: «Nonostante le sollecitazioni che i tempi sollecitano e che già qualcuno sta raccogliendo».

Non è dunque un saluto che si possa definire sereno quello dell’ex tutto Giuliano Amato, al suo ultimo incarico istituzionale di una lista non riassumibile: «Il mondo è cambiato nel corso dei nove anni che ho passato alla Corte e non è cambiato in meglio». Soprattutto, le sue parole consegnano la preoccupazione che nell’attrito delle «radicalizzazioni» finiscano per pagare un prezzo le istituzioni come la Corte costituzionale. Il cui ruolo di controllo e garanzia è certamente sempre più necessario, ma evidentemente sempre più difficile al cospetto della politica polarizzata. Segue elenco puntuale dei segnali preoccupanti.

«In campo europeo, la tentazione di affermare il primato del diritto nazionale su quello comune non è solo di Polonia, Romania e Ungheria», dice Amato. In Francia, in effetti, si è parlato molto di una pronuncia del Consiglio di stato dell’anno scorso che va in questa direzione. E sono ben note le tendenze, oltre che le sentenze, della Corte costituzionale federale tedesca soprattutto in tema di debito pubblico e bilancio. Quanto a noi, la leader del partito accreditato del miglior risultato elettorale, Giorgia Meloni, ha messo nero su bianco in proposte di riforma costituzionale la prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario anche nelle materie di competenza dell’Unione. Un’idea di sovranismo giuridico che non è l’ultima minaccia all’Europa unita.

D’altra parte, Amato deve indicare anche il fronte interno, rimarcando «le difficoltà decisionali del parlamento proprio su temi nei quali premono con forza esigenze non adeguatamente riconosciute di tutela». Non può dirsi positivo, evidentemente, neanche il bilancio della più significativa innovazione introdotta negli ultimi anni dalla Corte, quelle sentenze che dialogano (o provano a dialogare) con il parlamento. «I casi davanti a noi ci portano spesso sul crinale che separa la nostra giurisdizione dalle scelte che competono al parlamento – ricorda Amato – ovvero a situazioni nelle quali le nostre stesse, legittime decisioni hanno bisogno, per realizzarsi, di un conforme intervento parlamentare». Intervento che molto spesso non arriva: «Ci capita in entrambi i casi di incontrare più volte il silenzio del parlamento o voci in esso discordi che ne prevengono le scelte». E infatti lo scontro paralizzante ha impedito anche a queste camere di decidere su argomenti che la Corte aveva loro rimesso, come il fine vita o l’ergastolo ostativo.

La riflessione in chiaro di Amato si ferma qui. Ma negli accenni che egli fa in conclusione di discorso al pericolo di «caos istituzionale» e alla necessità che i giudici della Corte non perdano di vista il tema della loro legittimazione, non è difficile cogliere un’altra preoccupazione. Una maggioranza traboccante in parlamento potrebbe avere la tentazione di fare da sola anche nelle nomine dei giudici costituzionali: i tre quinti dei deputati e senatori che servono per quelle votazioni non sono più un miraggio per il centrodestra. In altre occasioni, anche con il nostro giornale, Amato ha riflettuto sul problema delle Corti supreme, come quella degli Stati unite, che diventano parte nel confronto politico. Si tratta di un rischio che i vincitori delle elezioni dovranno valutare bene.

Intanto la prossima giudice o il prossimo giudice costituzionale, in sostituzione di Amato, sarà di nomina presidenziale ed è questione di ore. Il più che probabile viaggio a Londra di Sergio Mattarella per i funerali della regina Elisabetta potrebbe far slittare il giuramento al Quirinale e quindi l’insediamento, in ogni caso previsto per l’inizio della prossima settimane. Poi la Corte costituzionale sceglierà il suo nuovo presidente o, con tutta probabilità, la sua nuova presidente.