«Le cose belle arrivano inattese, come del resto quelle negative. Conta saperci convivere a ogni ora del giorno in cui all’improvviso, per qualche bizzarro motivo, si fanno presenti per poi scomparire. Ancora spero che i momenti di luce si ripetano. E posso solo credere che quelle belle parole adottate dalla mia famiglia nel Quattrocento come motto di casa Cicogna – “Ancora spero” appunto – assumano un reale significato». Scrive così Marina Cicogna nella sua autobiografia non casualmente intitolata Ancora spero – Una storia di vita e di cinema (pubblicata a maggio di quest’anno e scritta con la giornalista Sara D’Ascenzo) nella quale ripercorre un’esistenza davvero straordinaria, dall’infanzia alla vecchiaia, fatta di incontri, cambi frequenti di case, esclusive feste aristocratiche, frequentazioni assidue del jet set cinematografico e non solo, tanto in Europa quanto negli Stati uniti e in Brasile, spostamenti per lavoro, vacanze, innamoramenti, inscritti in una passione per il cinema che l’ha portata a essere la prima produttrice in Europa, ma anche distributrice, spesso scontrandosi con le idee più conservatrici di altri membri di famiglia in fatto di cinema all’interno della Euro International Films: lei curiosa, visionaria, ribelle, disposta a scommettere su film ritenuti difficili e su registi emergenti. Una vita d’alto bordo, quella che esce dalle pagine del testo, che ci trasporta in un mondo oggi scomparso, dove la realtà veniva filtrata dalla postazione privilegiata di un vivere dentro le sfere dell’alta società.

Marina Cicogna se n’è andata ieri all’età di 89 anni (era nata a Roma il 29 maggio 1934 da genitori entrambi nobili, il conte Cesare Cicogna Mozzoni e la contessa Annamaria Volpi di Misurata; suo nonno era il conte Giuseppe Volpi, governatore della Tripolitania ma anche fondatore della Mostra del cinema di Venezia nel 1932) dopo una lunga malattia, assistita fino alla fine da Benedetta Gardona, sua compagna da oltre trent’anni (dopo la rottura con Florinda Bolkan – che Cicogna aveva scoperto come attrice e che nel 1969 fu protagonista di Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi, un film che «fu una vera scuola di produzione per me, da cui ricavai insegnamenti che nessuno ti può impartire, puoi solo incapparci», scrive nel libro -, un amore appassionato durato più di vent’anni).

DALLA FINE degli anni Sessanta, Marina Cicogna portò il suo sguardo di produttrice illuminata in una moltitudine di film che sarebbero entrati nella storia del cinema mondiale legando il suo nome a registi del calibro di Pier Paolo Pasolini (Teorema, Medea), Francesco Rosi (Uomini contro), Elio Petri (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Oscar nel 1971 come miglior film straniero). E tanti altri. Persone che ricorrono in Ancora spero, insieme a momenti drammatici (la morte per suicidio del fratello Bino), alla narrazione dei tanti flirt descritti anche con leggerezza (quello con Alain Delon). Perché il tono leggero ma denso di umanità del libro ci restituisce quelle esperienze (compresi i periodi difficili durante la guerra) tanto intense quanto spensierate, mai dismesse nel corso di una lunga vita.