Il governo dovrà finalmente sedersi al tavolo per rinnovare i contratti del pubblico impiego: dopo anni di manifestazioni inascoltate (il blocco risale al governo Berlusconi, nel 2010, poi prorogato da Monti, Letta e Renzi), adesso a imporlo è la Corte costituzionale, che ieri ha dichiarato illegittimo il congelamento dei salari. Ma solo a partire dalla sentenza, e non per tutto il pregresso: quindi nessun “risarcimento” per quanto perso negli anni passati, a meno che i sindacati non riescano a contrattare (ma questa è già un’altra storia) un qualche recupero sotto forma di “vacanza contrattuale”.

La formula per escludere il passato – e quindi un grosso esborso da parte dello Stato – la Consulta l’ha trovata ricorrendo alla fattispecie della «illegittimità costituzionale sopravvenuta»: come a dire, insomma, che questa illegittimità non è ravvisata dal 2010 a oggi, ma decorre dal momento stesso in cui è stata emessa la sentenza, escludendo il diritto automatico ad avere anche il pregresso.

D’altronde, nelle scorse settimane si era diffuso un enorme allarmismo sulla presunta “voragine” nei conti pubblici che avrebbe potuto causare la sentenza: l’Avvocatura dello Stato, organo tecnico del governo, aveva spiegato che decretando l’illegittimità del blocco fin dal primo anno, si sarebbe potuti arrivare a dover restituire ben 35 miliardi di euro ai malcapitati dipendenti pubblici.

Ecco il testo della nota emessa dalla Consulta, nei prossimi giorni arriveranno le motivazioni: «La Corte Costituzionale – si legge – ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato».

I sindacati, a questo punto, chiedono che il governo si sieda subito al tavolo: «Chiediamo l’apertura immediata di un tavolo di contrattazione per arrivare al rinnovo del contratto subito – dicono in una nota congiunta i segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp Uil Fpl e Uil Pa, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco – L’esecutivo non ha più alibi, l’alta corte si è espressa giudicando illegittimo il protrarsi del blocco della contrattazione».

I confederali ricordano poi di essere già in campo «con una mobilitazione che partirà con le tre grandi assemblee di inizio luglio, con tutti gli Rsu eletti a marzo, le lavoratrici e i lavoratori. Sarà il momento in cui avremo la nostra piattaforma nazionale e quelle di settore».

La segretaria della Fp Cgil, Rossana Dettori, spiega in particolare che «dal 2010, facendo una media tra i salari più alti e quelli più poveri, e includendo la contrattazione integrativa, anch’essa bloccata quasi del tutto, si sono persi tra i 3500 e i 4000 euro per ogni busta paga». Dettori conferma che non si nutre speranza sulla possibilità di riavere indietro tutto il pregresso, ma si augura che «una volta seduti al tavolo, si possa fare un ragionamento che includa anche le annate precedenti: mi riferisco al concetto di vacanza contrattuale, anche se va ricordato che ci muoviamo in un quadro in cui non valgono più i vecchi modelli, dal 23 luglio all’accordo separato e al recupero dell’Ipca».

Insomma, sarà una contrattazione in qualche modo nuova, “senza rete” (a maggior ragione vista la speciale allergia del governo Renzi verso i sindacati), ma che molto probabilmente agirà sul prossimo triennio: «È la durata di vigenza che ormai abbiamo fatto nostra», spiega la segretaria Fp Cgil.

Di «sentenza politica», che agisce «salvando il governo Renzi», parla Giovanni Torluccio della Flp Uil. E Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil, aggiunge: «Il fatto che il blocco non sia stato considerato illegittimo per il passato non ci impedisce di rivendicare il “maltolto” in sede di trattativa sindacale». Conferma che i sindacati sperano di recuperare quanto possibile.

«La sentenza ci dice che ormai l’Italia è una Repubblica fondata sul pareggio di bilancio e i diritti dei lavoratori possono essere sacrificati – commenta Cristiano Fiorentini, Usb Pubblico Impiego – Una sentenza condizionata dalle pressioni del governo tese a evitare l’onere di miliardi di arretrati».