Hawthorne. Imparate questo nome. L’ormai proverbiale espressione «Houston, abbiamo un problema» da oggi dovrà sostituire il nome della popolosa città texana con il nome di questa località californiana dove ha sede SpaceX, il gioiellino aerospaziale fondato nel 2002 del controverso imprenditore Elon Musk. Ieri sera, al secondo tentativo (dopo la cancellazione mercoledì per maltempo), è partito dallo storico Kennedy Space Center (Cape Canaveral) il Crew Dragon, con a bordo i due astronauti statunitensi Douglas Gerald Hurley e Robert Behnken, entrambi con ampia esperienza spaziale alle spalle, amici ed entrambi sposati con due astronaute.

Ma non è stato un lancio di routine. È infatti la prima volta che l’agenzia spaziale americana, la Nasa, affida a un privato la responsabilità di portare in orbita, far attraccare alla Stazione spaziale internazionale (Iss), e riportare a terra due suoi astronauti. Il cambio di paradigma è storico: se questo volo, che formalmente è «sperimentale», andrà bene, gli americani potranno contare su un nuovo veicolo di trasporto spaziale.

Il Crew Dragon

È SOLO LA QUINTA NAVE spaziale dalla fine degli anni ’50 a oggi su cui volano astronauti americani, dopo i primi vettori Mercury (dal 1958 al 1963), i Gemini (1963-66), i mitici Apollo che portarono i primi astronauti sulla luna (1968-72) e infine il longevo programma Space Shuttle (135 lanci), il primo che reimpiegava parte del materiale, che ha volato dal 1981 fino al 2011, e che ha visto le due principali tragedie dell’astronautica mondiale, l’esplosione del Challenger nel 1986 (durante il lancio, sette vittime) e la disintegrazione del Columbia nel 2003 (durante il rientro, ancora sette vittime). Gli esseri umani hanno volato solo su altri quattro veicoli spaziali: i russi Vostok (su cui volò il cosmonauta Yuri Gagarin nel 1961), Voskhod e l’indistruttibile e affidabile Soyuz (140 voli), attiva dagli anni 60, e che oggi porta gli astronauti sull’Iss (solo due incidenti all’inizio, per un totale di quattro vittime); e la cinese Shenzou, che usa tecnologia derivata dalla Soyuz, che ha portato il primo taikonauta (astronauta cinese) in orbita nel 2003.

Dal pensionamento degli Shuttle nel 2011, la Nasa ha dovuto pagare il biglietto all’agenzia spaziale russa Roskosmos per acquistare posti sulla Soyuz, che parte dalla base di Baikonur, per portare i suoi astronauti e quelli dell’Agenzia spaziale europea (Esa) a bordo dell’Iss, per un costo che oggi ha raggiunto i 90 milioni di dollari per persona. Il cambio di paradigma avvenne proprio in quel momento: è da allora che la Nasa finanzia imprese private per il disegno e la costruzione di un nuovo veicolo spaziale. SpaceX e la Boeing sono stati i principali beneficiari dei finanziamenti pubblici e dopo un cammino accidentato, costellato da vari incidenti ed errori nelle fasi di test – la tecnologia spaziale è forse la tecnologia più complessa che c’è – SpaceX ha raggiunto per prima il traguardo storico: la responsabilità della vita di due astronauti e, in senso lato, la responsabilità del futuro dell’esplorazione spaziale umana statunitense.

La rampa di lancio di Cape Canaveral

Dragon è molto diverso dai suoi predecessori, non solo nel design, molto più moderno nel look, diafano, senza tante leve e bottoni e con touchscreen degni di un film di fantascienza (a cui gli astronauti all’inizio hanno fatto fatica ad abituarsi: con i guanti è più semplice «sentire» che hai schiacciato un bottone o spinto una leva, che su un monitor). Perfino le tute spaziali e i caschi, di colore bianco, ricordano più Spazio 1999 che quelli a cui siamo abituati. Ma è soprattutto il modo di lavorare che è cambiato: la mentalità Silicon Valley di «collaudalo finché si rompe» è molto diversa dall’impostazione cauta e di minimizzazione di qualsiasi rischio della Nasa.

I due mondi così diversi hanno però dovuto imparare a capirsi in questi anni di lavoro congiunto. Dietro gli ingegneri SpaceX c’è sempre un team di responsabili della Nasa, ma le decisioni sul da farsi durante le missioni, a seconda delle fasi di volo, le prendono a Hawthorne e non a Houston. La filosofia SpaceX è quella di riutilizzare il più possibile i componenti: per questo il biglietto che la Nasa pagherà per i suoi astronauti a SpaceX sarà nel futuro più economico; si calcola intorno ai 60 milioni a persona.

I due astronauti che saranno a bordo del Dragon durante una simulazione di volo

Il viaggio fino alla Iss sul Dragon durerà quasi un giorno (con la scomoda Soyouz dura circa sei ore) perché, per raggiungere l’orbita, la navicella SpaceX farà qualche giro intorno alla terra, e il docking con la Stazione spaziale sarà completamente automatico (anche se in qualsiasi momento gli astronauti potranno prendere il controllo). Nel 2019 aveva già funzionato un primo docking sperimentale con la Iss senza equipaggio (la prima volta di un privato), e da tempo SpaceX porta su e giù navi di cargo dalla Iss. Sul Crew Dragon ci sono dei sistemi di sicurezza in più: se qualcosa va storto durante il lancio, c’è la possibilità di staccare la capsula dal razzo Falcon 9 (sempre made by SpaceX), aprire i paracaduti e precipitarsi in mare.

Certo, collaborare con un personaggio come Musk non è facile. Il fondatore di Paypal e creatore delle auto elettriche Tesla è considerato da tutti visionario ma anche eccessivamente impulsivo; qualcuno lo definisce lunatico. Recente è la controversia per essersi opposto alle misure di confinamento in California che gli imponevano di chiudere le sue fabbriche Tesla: ha costretto gli operai a tornare al lavoro e ha cavalcato su Twitter le teorie più cospiranoiche della destra contro il lockdown e le evidenze scientifiche sul virus. Il tutto con 100mila vittime in tutto il paese.

MA ANCHE SPACEX genera polemiche: sono assai meno preoccupati della Nasa sull’inquinamento luminoso (ultima la controversia sulla costellazione di satelliti Starlink, che porteranno internet in aree remote ma che da terra appariranno troppo brillanti rovinando le osservazioni degli astronomi: ora pare che cercheranno di mitigare l’effetto nei prossimi lanci) o della contaminazione dei corpi celesti con batteri terrestri: per l’esplorazione di Marte, per esempio, per gli scienziati sarà importantissimo evitare di portare batteri terrestri se vogliamo essere sicuri di trovare eventuali tracce di vita marziane.

Il miliardario Elon Musk

Il cammino per l’esplorazione spaziale del futuro è tutto in salita: proprio venerdì il lancio di prova motori del razzo Starship della stessa SpaceX, il gigante destinato a lavorare sulla futura esplorazione lunare e marziana, è esploso sulla pista di lancio a Boca Chica, in Texas. Per non parlare del misterioso «errore» che ha causato le dimissioni del responsabile dell’esplorazione spaziale umana della Nasa, Doug Loverro, proprio alla vigilia dello storico lancio del Dragon.

Il programma Artemis (Artemide in italiano, molto opportunamente il nome della sorella gemella di Apollo), che riporterà gli esseri umani (e in particolare la prima donna) sulla Luna dopo più di cinquant’anni, è una delle priorità della Nasa e anche dell’amministrazione Trump. Anche questo progetto si baserà sulla collaborazione con i privati, a cui l’agenzia spaziale statunitense ha distribuito un miliardo di dollari. Il vice presidente Mike Pence pare abbia fatto pressioni perché il nuovo allunaggio avvenga entro il 2024, alla fine dell’eventuale secondo mandato di Trump (o magari del suo, se dovesse diventare presidente), cosa che però farebbe saltare il progetto di predisporre prima una base lunare orbitante da cui poi far allunare degli astronauti. Sarebbe un mero ritorno al nostro satellite, che poi è anche l’obiettivo dei cinesi in questi stessi anni.