«A volte vieni svegliato dal rumore di una bomba, oppure stai lavorando nell’orto e parte il suono delle mitragliatrici. E’ davvero scioccante e per quanto sia frequente non ti ci abitui mai». Pauline è una delle ospiti del Suderbyn Eco-Village, una comunità ecologica sperimentale e internazionale dove persone come lei approdano per vivere in comunità in un luogo a contatto con la natura. Paradossalmente l’eco-villaggio si trova a pochi metri dalla base militare e dall’area di tiro. La ripresa delle attività militari ha avuto un forte impatto sulle dinamiche della comunit à, dove vivono una trentina di persone.

OLTRE ALL’INQUINAMENTO acustico, gli abitanti di Suderbyn hanno scoperto di stare bevendo acqua contaminata da Pfas. Inoltre il piano di espansione delle infrastrutture militari impedisce loro, come ad altri abitanti dell’isola, di edificare a scopo abitativo. La comunità ha quindi dovuto stoppare il progetto di bioedilizia con cui voleva espandere la sua capacità di accoglienza. L’eco-villaggio nasce nel 2014 come un modello di comunità ecologica integrata e centro di apprendimento e attivismo. Robert Hall, uno dei fondatori, tiene molto a quest’ultimo aspetto. «Stiamo sperimentando la riduzione della nostra impronta ecologica e la convivenza in uno spazio condiviso e governato orizzontalmente attraverso pratiche partecipative. Allo stesso tempo attraverso l’inclusività vogliamo indirizzare le persone e la società verso il cambiamento».

A SUDERBYN SI PRATICA e si insegna la permacultura, una forma di agricoltura organica e naturale che utilizza quello che si ha, come le foglie e i rami secchi, gli scarti alimentari; periodicamente si tengono laboratori che attirano persone da tutto il mondo e i numerosi campi coltivati permettono di avere frutta e verdura per tutto l’anno. Un altro campo di sperimentazione che si porta avanti a Suderbyn è quello dell’autoproduzione energetica, per promuovere sistemi energetici diversificati a bassa tecnologia. «L’eco-villaggio produce legna da ardere, solare termico, solare fotovoltaico, geo-solare annualizzato, energia eolica e biogas. E stiamo installando una pompa di calore ad aria».

AGGIRANDOSI per Suderbyn, spicca, fra i campi e le piccole costruzioni di legno e argilla, una grande a e avveniristica cupola geodesica trasparente: quello che tutti chiamano il dom, la cupola appunto, è una delle sperimentazioni più interessanti in corso a Suderbyn . Il Close loop biosphere dom, il suo nome completo, è un prototipo per la produzione integrata di biogas da scarti alimentari e di cibo da coltivazione aeroponica. Un contributo fondamentale per la sua installazione lo ha dato Abi, un giovane ingegnere elettronico indiano che in Svezia si è specializzato in gestione sostenibile.
«Quando ho visto il dom, sono rimasto affascinato dalla possibilità di applicare il metodo di coltivazione aeroponica che si stava sperimento al suo interno, anche in paesi come il mio, dove a causa del cambiamento climatico stiamo affrontando alte temperature e precipitazioni molto irregolari: la coltivazione indoor e il risparmio dell’acqua diventeranno fondamentali per la nostra economia alimentare. Ho quindi accettato la sfida di sperimentare un metodo di coltivazione che permettesse di riciclare acqua utilizzata anche per altri scopi». In sintesi il compito di Abi è stato quello di trovare il modo di coltivare alcuni ortaggi convogliando l’acqua utilizzata per la produzione di biogas. «L’acqua con cui vengono rimescolati gli scarti alimentari che fermentando producono il biogas sono ricche di sostanze nutritive. Ho disegnato il sistema per fare arrivare quest’acqua dal biodigestore alle spugne sospese su cui si avvolgono le radici delle piante, per poi raccoglierla di nuovo e farla tornare all’impianto». Da torri alte fino a 15 m dove sono infilate le spugne spuntano piante di pomodori, spinaci, fagiolini.

L’ACQUA UTILIZZATA è quella piovana, l’energia utilizzata per far funzionare il tutto è eolica e solare; quindi, il ciclo è completamente chiuso e sostenibile. L’aspetto problematico è la temperatura, che nelle giornate di sole nel dom può salire velocemente anche a 50 gradi, per questo ho istallato un sistema di ventole alimentate da energia eolica che va costantemente monitorato» .

UN ALTRO ASPETTO problematico è il biogas stesso, che si produce in abbondanza, ma che è costoso da immagazzinare nelle bombole secondo le direttive europee. Al momento viene utilizzato per la cucina all’aperto e per la caldaia dell’acqua. «Purtroppo – spiega sconsolato Robert Hall – le amministrazioni non sono ancora pronte a regolamentare e sfruttare a livello di comunità questo tipo di produzioni domestiche».