A giugno, il bilancio della produzione industriale italiana ha chiuso in negativo secondo i dati dell’Istat. Dopo quelli sull’occupazione e sugli ordinativi alle imprese, questi dati influiranno sulle stime preliminari del Pil del secondo trimestre del 2015. La produzione industriale, dopo due mesi di miglioramenti imprevisti, segna di nuovo un calo netto dell’1,1% a giugno rispetto al mese precedente. Rispetto a giugno 2014 la riduzione è dello 0,3%. Tutti i raggruppamenti di impresa registrano una variazione negativa: beni intermedi (-1,7%), beni strumentali (-1,3%), l’energia (-1,0%) e i beni di consumo (-0,8%). Dal confronto tendenziale emerge che solo i beni strumentali resistono con una variazione positiva del 3.3%. È il comparto delle auto a segnare un notevole miglioramento (+44%). Secondo l’Istat, questa battuta d’arresto, sia in termini congiunturali che tendenziali, è dovuta agli effetti di calendario: il 2 giugno di martedì avrebbe indotto molte imprese a fermarsi anche di lunedì. Una giustificazione del tutto razionale, come appare altrettanto lecito ritenere che se ci fossero state commesse e quindi necessità di portare avanti la produzione, sicuramente le imprese avrebbero evitato questa ipotetica chiusura.

Stando ai dati, la produzione di beni di consumo, che approssimano quelli acquistati dalle famiglie, continuano a diminuire. Il confronto tra il primo semestre 2015 e quello del 2014 mostra che un anno fa, durante un periodo di recessione, la spesa delle famiglie era addirittura più elevata rispetto a quest’anno. Inevitabilmente è sui consumi che ci si sofferma nel commentare questi dati. Secondo il presidente Codacons Carlo Rienzi «chi, in queste settimane, ha parlato di crisi superata e di decisa ripresa dell’economia italiana, ha preso una svista clamorosa». Lo conferma ieri la nota mensile dell’Istat che sottolinea ancora una volta come la scarsa crescita economica e quindi anche dell’occupazione sia dovuta ai bassi livelli di investimento in capitale, soprattutto quello legato all’innovazione. Secondo Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil, il dato sull’occupazione «è un segno inconfutabile delle tante contraddizioni di questo esecutivo che, peraltro, vuole riformare la macchina dello Stato senza preoccuparsi dei lavoratori che devono farla funzionare». Per il segretario Uil Loy sono i servizi e buona parte del sistema industriale a soffrire del calo dei consumi.

Matteo Renzi schiva questi risultati negativi e sposta l’attenzione sui dati dei flussi turistici in aumento. Propone una versione rivisitata del berlusconiano «non c’è crisi, i ristoranti pieni». Dall’indagine sul turismo di Federalberghi emerge che i turisti sono aumentati da 28 a 30 milioni tra il 2014 e il 2015, variazione simile a quella avvenuta tra il 2013 e il 2014. Se l’aumento del numero dei clienti porta con sé quello del volume di affari, è pur vero che la spesa procapite diminuisce, così come diminuisce in media la durata delle vacanze. Dei successi del governo nessun segno.

Ill Centro Studi Confindustria è ottimista e stima un aumento congiunturale dello 0.6% di produzione industriale a luglio. Una previsione non campata in aria dati i consumi di energia dovuti alle temperature eccezionalmente alte che ne hanno sostenuto la produzione, inclusa nel calcolo dell’indice della produzione industriale.

Il caldo torrido, e altri eventi della politica, hanno influenzato il primo semestre del 2015. Lo sostiene un’analisi di Patrick Artus, economista della Natixis: tra le quattro maggiori economie dell’eurozona, l’Italia ha beneficiato della svalutazione dell’euro, della disinflazione e del basso livello dei prezzi del petrolio. Se tali eventi, esogeni alle politiche del governo, non fossero intervenuti, il tasso di crescita del Pil italiano tra il primo trimestre del 2014 e quello del 2015, sarebbe stato pari a -1.03%.