Se qualcuno ha voglia di ritrovare il senso e la necessità del teatro come rito di una comunità, dove la città si fa palcoscenico e il palcoscenico esplode in una partecipazione corale che è la sostanza della rappresentazione, farebbe bene a venire a Ravenna dove va in scena in queste sere (fino al 14 luglio, all’interno del Ravenna festival) l’appassionante Purgatorio di Marco Martinelli e Ermanna Montanari.

SONO un migliaio intanto i cittadini che hanno risposto alla loro «chiamata pubblica» per questa seconda tappa del viaggio nei regni ultraterreni della Commedia dantesca, partecipando anche alla sua preparazione; tre o quattrocento quelli che a turno si alternano accanto ai due artefici dalla candida veste. Con un voluto richiamo alle esperienze del teatro di massa delle avanguardie novecentesche.

Come nel precedente Inferno, il raduno è davanti al tempietto dove sta la tomba di Dante. All’ora del tramonto, quando ancora c’è luce. Il vecchio impeccabile Gianni Plazzi si è fatto incontro ai due artisti nei panni di Catone. Si può partire. Seguendo le due guide ci si avvia lungo le strade della città, preceduti dal suono di una tromba. Ma questa volta non si penetra dentro le sulfuree viscere del teatro Rasi, la casa delle Albe.

Il viaggio nel «secondo regno» è un’ascensione che si snoda tutta sotto il cielo stellato. Dal giardino dove un dolente coro di donne accompagna il canto di Pia dei Tolomei a quello in cui dei banchi scolastici accolgono gli spettatori di fronte alla cattedra dove tiene lezione Oderisi da Gubbio abbigliato come Joseph Beuys (c’è anche la sua celebre lepre disegnata su una grande lavagna), a un’altra classe scolastica dove esplodono i versi di altri poeti, vermi nati a formar l’angelica farfalla.

E ci saranno poi il «Laudato sii o mio Signore» di Totò e Ninetto nel film Uccellacci e uccellini e il prorompere di «Ahi serva Italia, di dolore ostello» davanti a un’enorme carta geografica della penisola rovesciata. La corsa degli accidiosi e le fiaccole dei lussuriosi. Adriano V a zappare con la vanga e Ugo Capeto seduto su una sedia a rotelle.

PERCHÉ questo Purgatorio parla del paese nostro e dei tempi nostri. Dove il paradiso terrestre si è ridotto a un parcheggio abitato da quattro ragazzine con le trecce e la cerata gialla che fanno tanto Greta Thunberg. Ma ci sta anche e non disturba quel che altrove potrebbe sembrare retorico. Ci aspetta Beatrice.