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La città che si guarda allo specchio ha già smesso di prendere la bici

Il fatto della settimana I milanesi dopo tanto grigiore si sentono attraenti ma stanno commettendo un errore: gli spostamenti in bici da tempo sono fermi a una percentuale tra il 6 e l’8%

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 26 aprile 2018

Non c’è nemmeno bisogno di dirlo che questi sono gli anni di Milano. La città è celebrata in lungo e in largo, dentro e fuori i confini urbani e nazionali: cresciamo, attraiamo, siamo belli, innoviamo, facciamo cose.

Soprattutto, attraiamo. A Milano ci sono un sacco di turisti – per svago o per lavoro, in certe zone si sentono parlare solo lingue straniere. Lingue, accenti e dialetti che dominano anche nuovi e vecchi quartieri dove l’immigrazione, tra mille temi di inclusione e integrazione, ci ha fatto diventare una capitale internazionale.

Milano è una piccola New York: un ambiente urbano multiculturale con un elevato tasso di innovazione e creazione di tendenze. Sono gli anni di Milano e a volte finiamo per farci abbagliare da questo mix di orgoglio, passione e senso di rivincita: Milano era brutta per definizione, adesso che siamo bellissimi non vogliamo scendere dalla giostra. E proprio per questo non possiamo permetterci di fare un errore madornale, cioè quello di non prendere questo momento e metterlo al servizio di tutta la città, trasformarlo in benessere per tutti.
Perché, sì: sono gli anni di Milano, ma Milano è al centro della regione più inquinata d’Europa. E per esempio a Milano non si pedala più. Milano è inchiodata a un 6-8% di quota modale di spostamenti in bici ormai da tempo, e peraltro sono stime perché non c’è ancora un metodo per contare i ciclisti. Abbiamo raggiunto e convinto tutti quelli che già avevano voglia di usare la bici, per crescere dovremmo iniziare a parlare con altri e per parlare con altri dovremmo avere qualcosa da dire, nuovi argomenti, essere convincenti.

Vale a dire: dovremmo mettere la bicicletta tra le priorità nell’agenda politica e amministrativa. Oggi semplicemente: non lo è e i risultati sono in quella percentuale lì. Milano è piccola, piatta e con un clima mite per molti mesi all’anno: potrebbe raggiungere il 20% con facilità. A Milano non si pedala più perché sulla bicicletta non è ancora arrivato l’effetto Milano, la bici è ancora un problema, non un’opportunità. La bici viene ancora considerata un mezzo di trasporto, come dire, di seconda o terza categoria, più da passeggiata nei parchi la domenica che da circonvallazione ogni mattina. E noi che cerchiamo di raccontare di una bicicletta diversa ancora veniamo visti con indulgenza e simpatia, ma nessuno si sogna di farci entrare nella stanza dei bottoni. Colpa soprattutto nostra, probabilmente: non siamo ancora stati abbastanza convincenti.

E invece naturalmente Milano potrebbe facilmente diventare la capitale europea della bicicletta. Basterebbe iniziare a guardarla come una straordinaria opportunità di crescita economica (le industrie, tutte qui in zona, i tantissimi nuovi e giovani artigiani, i negozi che sono sempre più poli della mobilità nuova), culturale (Vigorelli, santo cielo, abbiamo il Vigorelli!), sociale (da oltre 100 anni la bicicletta è uno strumento di emancipazione e integrazione, potrebbe fare miracoli anche nei nostri quartieri e tra un quartiere e l’altro).
Per non dire, ovviamente, del ruolo chiave che potrebbe avere nel cambiamento della mobilità, sia di quella individuale sia di quella legata alla logistica delle merci, con le consegne in bici che ormai non hanno quasi più limiti di ingombro e peso. Per aumentare il numero di persone che vanno in bici bisogna costruire una città sicura e accogliente per tutti, smantellare dalle fondamenta la Milano costruita sulle automobili.

Milano ha bisogno di qualcuno che guardi una bicicletta e ci veda lo sviluppo, ci veda le opportunità, il lavoro, l’immagine della città e la sua capacità di essere ancora più attrattiva. Oggi questo qualcuno non c’è: potrebbe essere una singola figura (un bike and walking manager) o potrebbero essere più persone sparse lungo la piattaforma decisionale, vale a dire quei 30-50 che in città decidono, pianificano, costruiscono la Milano del futuro.

Milano non pedala più perché in quella piattaforma non c’è nessuno che pensi alla bicicletta, che ci pensi in modo innovativo. Naturalmente ognuno ha la propria idea sulle priorità e io rispetto le scelte che stiamo facendo oggi in città, ma spero che presto anche Milano possa ricominciare a pedalare per davvero.

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