La rabbia per la beffa sulla promessa di miglioramento di Draghi sulla manovra – la prima sconfitta del premier in consiglio dei ministri avviene su un impegno pro-sindacato – porta la Cgil a preparare lo sciopero, attendendo fiduciosa l’esecutivo della Uil di lunedì che potrebbe mettere in minoranza confederale una Cisl che non cambia la linea attendista.

Già ieri la Cgil aveva detto no al contentino di Draghi. In mattinata la telefonata attesa del presidente del consiglio a Maurizio Landini aveva portato a un «contentone»: gli 1,5 miliardi di decontribuzione promessi il giorno prima sui redditi sotto i 47 mila euro ora venivano concentrati sotto i 30 mila euro e dunque sarebbero sensibilmente aumentati per i redditi più bassi, come chiesto dai sindacati, mentre sopra i 75 mila euro non ci sarebbe stato alcun beneficio fiscale – nell’ipotesi precedente il taglio dell’Irpef per questi redditi era uguale a quello per chi guadagna 25 mila euro. In più c’era la promessa di una convocazione per discutere di pensioni la prossima settimana.

La risposta di Landini, concordata velocemente con la segreteria, era nella sua relazione iniziale al Direttivo: in sostanza la Cgil apprezzava i passi avanti ma confermava le riserve sull’impianto dell’intervento sul fisco e dunque la mobilitazione sarebbe proseguita nelle forme da concordare con Cisl (difficile) e Uil (più semplice).
Una linea sposata da tutti gli interventi tranne la minoranza «Riconquistiamo tutto» che contestava il ritardo nel proclamare lo sciopero.

MA NEL POMERIGGIO è arrivata l’ulteriore doccia fredda: in consiglio dei ministri la pur timida apertura di Draghi alle richieste sindacali veniva bocciata dall’asse destra (Lega e Forza Italia) – Italia viva.
La rabbia di Landini, informato telefonicamente dal governo sugli esiti finali del consiglio dei ministri, era esplicita nel suo intervento finale. Il nuovo quadro portava il segretario generale a parlare concretamente di sciopero in attesa della valutazione della Uil che lunedì terrà il suo esecutivo per valutare il da farsi.

Il Direttivo non ha espresso un voto visto che già nella riunione di novembre era stata decisa la mobilitazione. Il documento finale precisa come al momento «non ci sono risposte alle richieste contenute nella piattaforma sindacale unitaria per una vera riforma fiscale e delle pensioni che superi la legge Fornero, per sostenere il lavoro contrastando la precarietà e nuove politiche industriali». L’orientamento è quello di «proseguire e anche intensificare la mobilitazione, senza escludere iniziative di carattere generale».

«Meglio tardi che mai – commenta Eliano Como, portavoce di “Riconquistiamo tutto”- ma lo sciopero dovevamo averlo dichiarato molto prima, anche senza Cisl e Uil. Uno sciopero a ridosso di natale a legge di bilancio quasi approvata, peraltro ancora non si sa di quante ore, rischia di non essere efficace e non aiuta nel rapporto con i lavoratori che giustamente si chiedono se stavolta facciamo sul serio».

NEL FRATTEMPO ANDREA ORLANDO ha proposto in Consiglio dei ministri di avviare il tavolo di riforma delle pensioni che sarà convocato tra due settimane e di riprendere il percorso per l’approvazione delle misure antidelocalizzazioni da approvare prima della fine dell’anno, senza precisare quale tipo di provvedimento sia, rafforzando l’idea che non sia un decreto e che quindi non entrerà in vigore per le crisi in essere, a partire da Gkn.

Ma anche sulle pensioni arrivano le critiche della Cgil: «Se la convocazione è tra due settimane vuol dire che non c’è alcuna volontà di discutere le nostre proposte per la legge di bilancio – attacca il segretario confederale Roberto Ghiselli – . Bene aprire il tavolo sulla modifica strutturale della Fornero, ma questo non deve escludere la necessità di misure nella manovra che sulla previdenza destina pochissimi soldi: Quota 102 non va bene, non si danno risposte ai lavoratori precoci, ad alcune categorie di gravosi, ai lavoratori edili, ai disoccupati, alle donne».

Come detto, ora la partita fra i sindacati si sposta a lunedì quando Bombardieri riunirà l’esecutivo Uil per decidere la risposta alle decisioni del governo. «Non siamo soddisfatti, aspettiamo di capire la proposta finale, aspettiamo fino alla fine e poi decideremo», ha ribadito ieri.

Luigi Sbarra della Cisl invece non cambia giudizio dopo il dietrofront di Draghi: definisce «un passo importante e significativo» poter contare su un miliardo e mezzo per il taglio dei contributi nel 2022 per i lavoratori dipendenti sotto i 35mila euro (soglia abbassata rispetto alla precedente ipotesi di 47mila euro).

DOPO GLI SCIOPERI UNITARI Fiom-Uilm in Emilia-Romagna (10 dicembre) e nel gruppo Leonardo (6 dicembre), il barometro spinge per una mobilitazione comune Cgil e Uil. Ma non si escludono sorprese.