La Cassazione lo ha sancito ieri in via definitiva: la Fiat deve assumere i 145 operai della fabbrica di Pomigliano iscritti alla Fiom. La Corte di appello di Roma nel 2012 aveva stabilito che la decisione del Lingotto di tenere fuori dalle linee tutte le tute blu Cgil configurasse un comportamento discriminatorio, il verdetto della suprema corte depositato ieri poggia su un dato di fatto: il ricorso dell’azienda è inammissibile.

Gli operai avevano un contratto Fga (Fiat Group Automobiles) ma nel 2010 Sergio Marchionne decise di convertire il Giambattista Vico in Fip (Fabbrica Italia Pomigliano). Al momento del passaggio circa metà della forza lavoro è finita in cassa integrazione, in particolare tutti quelli con la tessera Fiom. Il piano Marchionne ha fatto una nuova piroetta nel 2013, con il ritorno dell’impianto a Fga. Nel mezzo i ricorsi Fiom, fino all’ultimo appello alla Cassazione presentato dal Lingotto ma ancora in qualità di Fip.

Era stata la stessa Fiom a eccepire, con una apposita memoria, «l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza dell’interesse ad agire, stante l’avvenuta cessione, a far data dal primo marzo 2013, da parte della Fip e a favore della Fga, del complesso aziendale sito in Pomigliano d’Arco». Motivazione ritenuta valida dagli ermellini.

Infatti, secondo la Suprema Corte, la Fip «non essendo più proprietaria dello stabilimento presso il quale avrebbero dovuto essere effettuate le ulteriori assunzioni di affiliati alla Fiom, ovvero presso il quale già siano state effettuate le assunzioni dei lavoratori nominativamente indicati, non ha più alcun concreto e attuale interesse alla rimozione delle statuizioni rese nell’ordinanza impugnata». Le spese legali andranno divise tra le parti.

«Eravamo convinti di essere di fronte a una discriminazione – commenta il segretario generale della Fiom di Napoli, Andrea Amendola – le sentenze ci hanno dato ragione e la Cassazione lo fa in maniera definitiva. Ora si tratta solo di porre rimedio nel più breve tempo possibile, in quanto la discriminazione è continuata anche dopo lo scioglimento della newco, con i nostri operai rimasti sempre in cassa integrazione, senza essere stati chiamati a lavorare nel settore A, quello che non è toccato dalla cig».

Da quattro anni i circa 1.200 operai in cassa non entrano sulle linee in cui si produce la Panda, tutto quello che hanno raccattato è qualche settimana di lavoro nei settori B e C. Per loro la Fiat ha chiesto un nuovo anno di cassa e ancora il rientro nel cerchio magico del settore A si allontana. Secondo l’azienda gli operai in cig non sono in grado di tenere gli alti standard dei loro colleghi.

La Fiom però insiste e chiede formazione con sostegno al reddito, un percorso cioè che consenta a tutti il rientro in fabbrica anche nell’area riservata alla produzione della Panda. «Un altro anno di cassa così come è ora – spiega il responsabile del settore automotive per la Fiom di Napoli, Francesco Percuoco – non è accettabile, e lo hanno sottolineato anche gli altri sindacati che ora condividono la nostra idea di introdurre i contratti di solidarietà».