Venerdì il bastone, ieri la carota. Dopo l’invito a «rispettare il patto di stabilità e crescita», Mario Draghi si dice «fiducioso che tutte le parti trovino un compromesso» sulla manovra italiana, oggetto di attenzione da parte di Bruxelles e istituzioni internazionali. «Sappiamo che ci sono procedure stabilite e accettate da tutti, ci sono state deviazioni: non è la prima volta e non sarà l’ultima», dice nella conferenza stampa finale della Bce ai meeting di Fmi e Banca mondiale a Bali, invitando a non drammatizzare per le deviazioni. «Come ho detto, bisogna abbassare i toni e sono piuttosto ottimista che sarà trovato un compromesso». «Basta parole, dobbiamo aspettare i fatti», è il suo mantra: «Dobbiamo aspettare come questa manovra viene fuori esattamente», considerando le misure annunciate e cambiate, senza trascurare il passaggio parlamentare.
Lo scontro con Bruxelles sulla manovra 2019 basata su un aumento del deficit, in un’inversione sugli impegni precedenti presi, ha causato problemi pratici: «un’espansione del bilancio in un Paese ad alto debito diventa molto più complicata se la gente comincia a mettere in dubbio l’euro», rileva Draghi. «Queste dichiarazioni hanno creato danni reali e ci sono molte prove che lo spread è cresciuto per queste dichiarazioni» con famiglie e imprese in Italia che «pagano maggiori tassi di interesse sui prestiti» per il rialzo del differenziale, non dovuto alla stretta sul quantitative easing entro fine anno. I mercati non hanno reagito all’annuncio di chiusura del Qe a giugno. «Quello che accade oggi è legato all’Italia e quindi non c’è contagio in atto, è una questione locale». Draghi, sul punto, ricorda il caso della Grecia: poiché la Bce acquista obbligazioni italiane ma non greche, un aumento dei rendimenti italiani a restringere la forchetta con quelli greci suggerirebbe che gli investitori non agiscono sul cambio di politica monetaria, ma su una questione locale.