Al di là del risultato delle elezioni e del governo che ci toccherà, la campagna elettorale ci aveva già preparato al peggio, a cominciare dai simboli dei partiti, sulla maggior parte dei quali campeggiava il nome di un capo, come in una gara di ego ipertrofici che già guardano al presidenzialismo, nell’illusione che un uomo o una donna al comando possono risolvere i problemi da soli.
La rassegna dei loghi dei leader era lunga e articolata. Ecco la signora Meloni sfilare su una fiamma tricolore di fascista memoria, Salvini in livrea giallo evidenziatore, Berlusconi in doppio petto tricolore da aspirante statista, il trio Lupi, Toti e Brugnaro racchiusi in un vezzoso cerchio che circonda a sua volta due cerchi, de Magistris low profile sotto un arcobaleno, Calenda che svetta ai piedi dei marchi di Azione e Italia Viva il cui simbolo evoca quello di un noto lubrificante vaginale, Di Maio sotto una vezzosa ape, Paragone in effetto aerodinamico, Bonino in giallo netto. Ho sentito un signore dire: «Voto la Meloni perché è l’unica che non ha ancora provato a governare». Ma sì, tiriamocelo a dadi il destino di un Paese, proviamoli tutti, ’sti birilli.

NON SAPPIAMO quanto abbia pesato, nella scelta, il test «Trova il tuo partito» proposto prima del voto da alcuni media. Sembrava uno di quei quiz che tempo fa pubblicavano i femminili per capire le affinità di coppia o se sei più un tipo da mare o da montagna. Certo è che, se per decidere chi votare, si sente il bisogno di affidarsi al gioco del Trovapartito, che ti sottopone 26 domande tipo «La globalizzazione ha danneggiato il nostro Paese», «L’Italia deve realizzare grandi infrastrutture senza farsi frenare dagli ambientalisti», poi ti chiede se sei molto o poco d’accordo da uno a cinque, poi ti suggerisce, in base alle risposte, quali partiti sono più consoni a te, e quindi, riassumendo, se per scegliere chi votare, uno si affida a questo metodo, viene da chiedersi che cosa stiamo facendo del futuro nostro e del Paese.
Visto che va molto di moda il distopico, e non a caso, ho provato a immaginarlo questo futuro e mi sono trovata come in un sogno molto brutto, diciamo pure incubo, ed ecco emergere da acque in tempesta, e assai torbide, una Giorgia Meloni dagli occhi roteanti e i gesti imperiosi, che dichiarava al mondo: «Io sono un soldato», «La pacchia è finita», «Sfonderò il tetto di cristallo», e io pensavo che questa immagine l’avevano pensata le femministe cinquant’anni prima, ma loro non parlavano di sfondare, dicevano rompere, che non è la stessa cosa, perché sfondare evoca un’azione militaresca, e allora vedevo lei, la Giorgia, che si metteva in testa il Pickelhaube, l’emetto chiodato prussiano, con in cima quella punta acuminata, e cominciava a buttare giù il soffitto di vetro a testate, urlando: «Mo’ ve mozzico tutti e tutte».
E intanto menava colpi, e schiacciava come un moscerino Di Maio che ancora faceva l’aeroplanino sollevato dai suoi sostenitori, diceva a Letta «Adesso te li faccio vedere io gli occhi di tigre», obbligava De Luca a ripetere, come in un disco rotto, teneva Salvini in anticamera promettendogli che sì, forse, fra qualche mese gli avrebbe fatto fare un giro turistico al Ministero degli Interni, sbeffeggiava Calenda e Renzi dicendo loro: «Volevate Draghi, eh? Buffoni. Adesso ci penso io a cantarle chiare all’Europa». E partiva lancia in resta verso il luogo dove sganciano i soldi, come in una conquista crociata, ma là mica la ricevevano subito, la mettevano pure lei in anticamera, e lei sempre lì, con il suo Pickelhaube ben agganciato.

INTANTO giù, nei lidi natii, uno solo si sottraeva ai suoi comandi, Berlusconi, l’insuperabile interprete del teatro dell’assurdo, che continuava mandare sulle sue reti tv, in modalità unificata, il video dove, annunciando di essere sbarcato su Tik Tok, diceva «Tic, toc…e io sono Tac» e poi ammazzava una mosca che gli si era posta sul cerone della fronte, una mosca così grossa e così lenta che tutti abbiamo pensato che fosse finta, una roba riciclata, che so, dall’omonimo film di David Cronenberg, perché un affare volante del genere che va a infastidire proprio lui e proprio lì, mentre registra un video, nessuno crede che sia vero, e di sicuro la mosca è, nei suoi pensieri, la rappresentazione insettuale di uno dei suoi alleati di coalizione, che lui scaccia e schiaccia come e quando vuole, e vuoi vedere che aveva ragione Carlo De Benedetti, che intervistato da Lilli Gruber, disse, meno di un mese fa: «Io che conosco molto bene Berlusconi faccio una previsione. Si sfilerà».
Abbiamo appena votato, ma c’è da scommettere che siamo solo all’inizio di un gigantesco teatro. E comunque questo era un incubo.