Riforma costituzionale: bocciata dagli elettori nel referendum. Legge elettorale: bocciata dalla Corte costituzionale. Il bilancio di questa che doveva essere la legislatura «costituente» è a tal punto tragico che, avvicinandosi alla conclusione, si torna a guardare all’unica riforma possibile: la modifica dei regolamenti parlamentari. Non è un obiettivo minimale, dal momento che molti dei risultati che si volevano raggiungere con la riscrittura della Costituzione – migliorare la qualità e la velocità dei lavori delle camere, ad esempio – si potrebbero più facilmente ottenere intervenendo sui regolamenti. E proprio per questo resta un obiettivo non facile, anche se dalla riunione della giunta per il regolamento di Montecitorio di ieri è venuta fuori un’ipotesi di accordo se non sul complesso della riforma almeno su alcuni punti precisi. Da tentare entro la fine della legislatura. «Forse questo è il momento giusto per fare una buona riforma», dice il presidente del gruppo misto Pino Pisicchio. «Nessuno sa chi vincerà le prossime elezioni e dunque accrescere l’efficacia del parlamento non può essere visto come un obiettivo di parte», aggiunge il deputato di Mdp Gianni Melilla.

La giunta della camera ha già fatto una parte del lavoro. Il regolamento sulle lobby e il codice di condotta dei deputati sono stati approvati. La proposta di modifica del regolamento però è rimasta tale, ferma dal 2014 perché si voleva aspettare la conclusione del processo di riforma costituzionale. Che è finito male il 4 dicembre (o bene, dipende dai punti di vista) e dunque il discorso poteva riaprirsi già qualche mese fa. Non fosse stato per l’incertezza sulla legge elettorale: proporzionale o maggioritario non fa lo stesso quando si tratta di definire il funzionamento dell’assemblea elettiva. Ora anche la legge elettorale è archiviata (il rinvio della discussione a settembre coincide con la rassegnazione a tenersi il Consultellum per la camera e per il senato), e adesso la giunta della camera intravede la possibilità di approvare almeno alcune limitate modifiche al regolamento.
Per questo è stata individuata una commissione rappresentativa di tutti i partiti per verificare su quali punti può esserci un accordo largo. Un intervento sicuramente maturo è quello sui disegni di legge di iniziativa popolare, per renderli finalmente «esigibili», obbligando la camera a discuterli. Stesso discorso per una stretta sui cambi di gruppo, la proposta prevede il rigoroso rispetto del minimo di 20 deputati per formare un nuovo gruppo con lo stop alle deroghe (in questa legislatura ne sono state concesse due). Anche se i 5 Stelle (gruppo dal quale si sono staccati il 20% dei deputati eletti) vorrebbero di più, tagliando anche i rimborsi ai «transfughi». Altri interventi minimali potrebbero essere quelli sulla riduzione dei tempi di discussione generale, abolizione delle 24 ore di attesa prima di votare la fiducia ed eliminazione del cartaceo. L’accordo andrà cercato in giunta, da lì può partire una proposta «chiusa» sulla quale è necessario trovare il consenso della maggioranza assoluta dell’aula: 316 voti (segreti).