Dopo gli scandali di Mafia capitale e le difficoltà dell’amministrazione comunale, a Roma ci mancavano solo gli industriali che tra rinvii, ricorsi e dichiarazioni di fuoco si sono presentati all’elezione del nuovo presidente della Camera di commercio completamente spaccati. Un muro contro muro. Da una parte la grande impresa rappresentata dalla Confindustria e i commercianti e, dall’altra, le piccole e medie imprese. Alla fine ce l’hanno fatta proprio i più piccoli, guidati da Lorenzo Tagliavanti, storico vice-presidente dell’istituto camerale e direttore della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna). Gli artigiani, insieme alla Federlazio, alla Confesercenti e alla Compagnia delle Opere, hanno ottenuto la maggioranza relativa alla terza votazione utile: 20 voti su 20 presenti. All’elezione però non hanno preso parte le altre due componenti fondamentali: Unindustria, l’unione degli industriali, e la Confcommercio.

Una guerra nel mondo imprenditoriale romano che va avanti da anni e che ha tenuto praticamente bloccata la più grande Camera di commercio d’Italia dal 2013, da quando il presidente uscente Giancarlo Cremonesi, uomo di destra vicinissimo all’ex sindaco Gianni Alemanno, si è rifiutato di rispettare il “patto della staffetta” sottoscritto nel 2010 e che prevedeva proprio l’arrivo alla poltrona più alta di piazza di Pietra di Lorenzo Tagliavanti. Da allora, la camera è rimasta impantanata tra infiniti veti incrociati, una vera e propria guerra di posizione.

Gli interessi in campo sono elevatissimi, visto che la Camera di commercio di Roma, con le sue 350 mila imprese sul territorio e una costellazione di società partecipate, soprattutto in questo periodo di crisi, fa gola a molti. A partire dalla Investimenti Spa – la vera cassaforte dell’istituto camerale – quella che controlla anche la Fiera di Roma su cui avrebbero puntato gli occhi i belgi di Photonike Capital, con un investimento iniziale di 100 milioni di euro e un’importante ricaduta occupazionale. Senza dimenticare il sistema dei Tecnopoli e le Fondazioni culturali come l’Auditorium-Parco della Musica.

Lorenzo Tagliavanti si augura ovviamente di riuscire a ricomporre questa profonda spaccatura: «Non dobbiamo essere per nulla orgogliosi dei ricorsi che sono stati annunciati – sottolinea il nuovo presidente – anche se voglio ricordare che purtroppo sono una simpatica tradizione». Per superare questo ostacolo, promette dialogo, dialogo e ancora dialogo con le rappresentanze che non hanno partecipato alla votazione, per stare vicino al mondo delle imprese che in questi anni difficilissimi ha avvertito spesso «sentimenti di solitudine».

Ma Unindustria e Confcommercio non ci stanno e, oltre a parlare di un vero e proprio «blitz estivo» e di «colpo di mano», presentano ricorso al Tar. Per l’Unione degli industriali, Tagliavanti sarebbe addirittura ineleggibile secondo quanto stabilito nella legge finanziaria del 2007, dove è scritto che «non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi». E Tagliavanti, ricorda Unindustria in una nota, «negli ultimi cinque anni è stato presidente di Investimenti Spa, chiudendo i bilanci degli ultimi tre anni in totale perdita».

Tutto questo avviene in un momento di particolare incertezza per le Camere di commercio che saranno presto oggetto di un decreto attuativo della legge delega di riforma della Pubblica amministrazione. Il governo Renzi vuole ridurle da 105 a 60, fissando anche un tetto minimo di 80 mila imprese iscritte.
Un progetto che non sembra preoccupare Tagliavanti: «Le camere di commercio saranno profondamente trasformate e io lo considero un bene perché una Pubblica Amministrazione più efficiente è una cosa che le imprese chiedono da tempo. Per questo dovremmo guardare con molta attenzione alle modifiche, senza contrastarle, ma valorizzandole».

Al nuovo presidente gli auguri di Ignazio Marino, sindaco di Roma e Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio che auspica «si ritrovi l’unità dell’istituzione e quella sua autorevolezza ed importanza che, sino a qualche anno fa, sono stati fra i fattori fondamentali della crescita di Roma e del nostro territorio». Il riferimento è alla lunga presidenza di Andrea Mondello, alla guida dell’istituto per 18 anni.