Il capogruppo dei senatori a 5 Stelle Toninelli si rivolge ai parlamentari del Movimento: «Nelle prossime settimane sui vitalizi faremo quello che nessuno aveva mai fatto prima». La vicepresidente del senato Taverna dichiara: «I parlamentari per noi sono cittadini che svolgono un servizio per lo stato e riteniamo che debbano avere una pensione come tutti, non certo un lauto vitalizio per qualche anno passato in parlamento. Questi privilegi saranno aboliti». Anche nella settimana delle consultazioni al Quirinale, persino nella riunione di deputati e senatori a porte chiuse, il Movimento batte sul tasto della lotta alla «casta». Con modalità da campagna elettorale fuori tempo massimo. O magari in anticipo. L’abolizione dei vitalizi è già stata fatta, nel 2012, durante uno dei governi più odiati dai 5 Stelle, quello di Mario Monti. E i parlamentari in carica hanno già lo stesso trattamento pensionistico dei lavoratori pubblici, con qualche limitata differenza che si può agevolmente cancellare ma che non giustifica una simile campagna moralizzatrice. L’obiettivo dei grillini è il taglio agli assegni degli ex parlamentari che sono già in pensione, attraverso l’applicazione retroattiva del metodo di calcolo integralmente contributivo. Una riduzione che può arrivare al 40% dell’assegno che attualmente percepiscono circa 2.600 ex deputati e senatori per una spesa di poco superiore ai 200 milioni annui.

In questo campo è più difficile intervenire, e infatti oltre gli annunci i 5 Stelle non sono ancora andati. Perché è vero che la materia rientra tra quelle sulle quali le camere hanno competenza esclusiva, dunque in teoria basterebbe una delibera dell’ufficio di presidenza di ciascun ramo del parlamento. Ma trattandosi di diritti acquisiti neanche le camere possono travolgere i paletti fissati da tempo dalla Corte costituzionale: i sacrifici devono essere temporanei (nella forma già sperimentata dell’assegno di solidarietà) oppure devono trovare fondamento nella necessità di sostenere i conti della previdenza in generale (mentre le pensioni del parlamento sono nel bilancio delle camere e non dell’Inps). Dal punto di vista delle precedenti sentenze della Consulta, in pratica, sarebbe più ragionevole se i 5 Stelle dichiarassero che l’intervento sulle pensioni degli ex parlamentari va inteso come un anticipo di quello che si farà sulle pensioni di tutti i cittadini. Tutte destinate a essere tagliate retroattivamente. Ma grillini (e leghisti) dicono al contrario di voler abolire la legge Fornero.

Ieri la camera ha eletto il diciassettesimo e penultimo componente dell’ufficio di presidenza, un nono segretario d’aula in rappresentanza del gruppo misto. È il deputato di LeU Pastorino, la sua scelta si spiega con il fatto che la prossima settimana dovrebbe essere concessa la deroga alla lista di Grasso per formare un gruppo autonomo a Montecitorio (malgrado abbia 14 e non 20 deputati). In questo modo al gruppo misto resterà da eleggere un nuovo presidente al posto del rappresentante di LeU Fornaro (verosimilmente sarà scelto nella componente delle minoranze linguistiche) e un nuovo segretario d’aula, il decimo e ultimo. Solo con la composizione definitiva dell’ufficio di presidenza, ha spiegato ieri il presidente della camera Fico, si potrà cominciare a lavorare per il taglio dei vitalizi.

Nel frattempo, la prossima settimana, proprio Fico ha proposto che le camere si riuniscano in seduta comune per eleggere il giudice della corte costituzionale che il parlamento tarda a scegliere ormai da un anno e mezzo. Bisognerebbe anche sostituire i due componenti laici del Csm che si sono dimessi perché eletti con Forza Italia, ma è verosimile che a questo punto si attenda l’inizio della nuova consiliatura (dopo l’estate). Mentre per il giudice costituzionale serve un quorum talmente alto (2/3 e poi 3/5 della somma di deputati e senatori) che ai 5 Stelle non basterebbe l’intesa con il Pd. I tempi possono essere anche in questo caso lunghi. E di nuovo bisognerà parlare con Berlusconi.