Era l’ora X. Venerdì 27 febbraio la riforma della scuola doveva diventare realtà. Non è così. L’annunciatissimo Consiglio dei ministri è stato spostato a martedì 3 marzo. Ci dev’essere tanta di quella «carne a fuoco» – così si espresse Renzi a fine agosto dopo un analogo rinvio – che il governo ha preferito tenere le carte a caldo anche questa volta.

E dire che Renzi e il Pd ci hanno costruito uno show domenica scorsa a Roma per celebrare l’avvento di un provvedimento che, a scadenza ciclica, viene annunciato. Ma continua a slittare. I soldi per assumere i precari ci sarebbero anche, così almeno ha assicurato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il problema è che il governo non sa quali precari assumere, da quali graduatorie attingere e come coprire le cattedre di alcuni insegnamenti.

Ci sta pensando dal 3 settembre scorso, quando nel consueto show condotto nella ridotta di Palazzo Chigi Renzi annunciò la notizia bomba: assumeremo 148 mila docenti precari dalle graduatorie in esaurimento. Non è così, com’è ormai chiaro. La cifra sembrerebbe vicina ai 125 mila. E l’assunzione non avverrà nemmeno in un anno, bensì in due. E le sorprese, c’è da crederci, non mancheranno. L’ultimo rinvio in questa corsa del gambero è stato ufficializzato ieri dal ministero dell’Istruzione.

Nella confusione che traspare sulla direttrice palazzo Chigi-Miur a Trastevere il ministro dell’istruzione Stefania Giannini ha tuttavia illustrato alcune delle linee guida sull’assunzione dei precari: «Il piano di assunzioni messo a punto, che stiamo ultimando nei micro-dettagli – ha detto Giannini – non manderà in classe docenti che non hanno insegnato negli ultimi anni». Il Miur terrà conto «del fabbisogno e delle competenze fondamentali che devono essere rinforzate». Per Giannini sono gli insegnamenti di lettere e gli studi scientifici-matematici, l’arte e l’educazione musicale a partire dalla scuola primaria. Altro criterio decisivo per un’assunzione discrezionale, e non più generalizzata, è quello territoriale. Le zone «disagiate» del paese riceveranno un maggior numero di docenti, anche per dare un contributo alla lotta contro la dispersione scolastica.

Sulla base di queste esigue indicazioni si presume che il governo si sia reso conto che non si possono assumere docenti su cattedre che non ci sono. Queste ultime sono state tagliate dalla «riforma» Gelmini. Inoltre, la distribuzione dei docenti tra le classi di concorso è molto diseguale e cambia a seconda della provincia. Ci sono zone dove le graduatorie sono esaurite e altre dove esistono classi di concorso con docenti di ruolo in sovrannumero. Lo scenario diventa ancora più fosco nel caso dei docenti abilitati iscritti alla «seconda fascia». Delle decine di migliaia in possesso di un Tfa o di un Pas sembra che il governo voglia assumerne solo meno di 2 mila. Si tratta di un’«anticipazione», una delle tante pubblicate senza criterio in questi giorni.

La cifra ridottissima ha scatenato i sindacati che promettono di sommergere il governo di ricorsi che, con ogni probabilità, vinceranno. Moltiplicando il caos che Renzi sta creando in quella cristalleria che è la scuola italiana. Sul capitolo degli aumenti stipendiali basati sul merito, e non più sull’anzianità, il governo tentenna. Sembra tramontata la possibilità di garantire appena 60 euro per il 66% dei docenti meritevoli. Ma non è ancora nota l’alternativa basata sul «sistema misto». C’è l’ipotesi di garantire a tutti fino a 25 euro, mentre 40 euro andrebbero al 60% dei meritevoli. Ma sono ipotesi di scuola: fino al 2018 nelle buste paga non ci sarà uno scatto di aumento. Ancor meno noto è un altro aspetto della riforma: i docenti neo-assunti saranno costretti a cambiare città per trovare un lavoro? Per garantirgli un posto a tempo indeterminato, Renzi imporrà un trasferimento di centinaio di chilometri?

«Lo slittamento della riforma sembra una barzelletta e invece è la vergognosa storia di quella riforma della Buona Scuola che secondo Renzi dovrebbe rivoluzionare il mondo dell’istruzione e che invece assomiglia sempre più a una clamorosa presa in giro» sostengono i parlamentari del Movimento 5 Stelle. «Serve un confronto di merito attraverso il coinvolgimento delle scuole, delle forze sociali e del parlamento – sostiene Mimmo Pantaleo (Flc-Cgil) – Sulla stabilizzazione dei precari è mancato qualsiasi confronto. In questo modo sarà negato il diritto al lavoro per migliaia di precari, con il tentativo esplicito di aggirare la sentenza della Corte di Giustizia Europea». «La partita da affrontare è complessa, e non può essere affrontata in termini di annunci» ha affermato Francesco Scrima, segretario Cisl scuola.