Oggi la Cgil porta in piazza migliaia di lavoratori per manifestare il suo dissenso nei confronti della legge delega sul lavoro e della legge di stabilità proposte dal governo Renzi. I lavoratori della scuola ci saranno. E ci saranno non solo come lavoratori ma anche come cittadini, genitori, educatori.

Con l’accesa convinzione che quando si parla di lavoro non si può non parlare anche di scuola. Perché la scuola può portare nel mondo del lavoro e nella società cittadini consapevoli dei loro diritti e fieri dei loro doveri, oppure solo braccia meccaniche e menti vuote da sfruttare.

La «buona scuola» di Renzi, con lo strapotere dei media che le fanno da cassa di risonanza, tende proprio a questo: rendere la scuola statale una merce, al pari delle altre, offerte dal mercato, in un regime di libera concorrenza in cui anche un’istituzione è trasformata in servizio. Poche scuole privilegiate e tutte le altre abbandonate al loro destino di deprivazione. Come accade in America, come accade in Inghilterra, come accade nei paesi dove le disuguaglianze di nascita determinano destini difficilmente reversibili.

Ma come non è mai accaduto da noi.

Qui, in Italia, la Costituzione si è fatta garante delle pari opportunità e ha assegnato alla scuola il compito di resettare le disuguaglianze di partenza. Per tutti i cittadini, ricchi e poveri, immigrati e non, italiani e stranieri, ed in tutte le zone del Paese.

Questa è l’unica buona scuola possibile, la scuola della Costituzione. Ed è contenuta nella proposta della Lip, la legge di iniziativa popolare «Per la buona scuola per la Repubblica»: frutto di una vera elaborazione dal basso, collettiva e condivisa, già depositata in parlamento, pronta per essere discussa nell’unica sede istituzionalmente deputata al confronto e alla scelta. La Lip non è un piano, non è uno slogan, non è una manciata di slide.

E questo la Cgil lo sa bene. Come sa che nei 29 articoli di questo disegno di legge non c’è la scuola azienda, non c’è il preside manager, non c’è il mercato che sostituisce lo Stato in una delle sue funzioni irrinunciabili per una società che voglia continuare a definirsi civile. La Cgil tutto questo lo sa. Che lo dica, sabato, in piazza, a tutto il Paese.

* Coordinamento nazionale a sostegno della Legge di iniziativa popolare