Tltro, Omt, Smp, Abs e altre sigle barbariche delle operazioni finanziarie messe in atto dalla Bce per cercare di rianimare i mercati potrebbero non bastare. Altri “strumenti non convenzionali” potrebbero essere necessari: fino a rompere il tabù dell’acquisto di “bond sovrani”. E’ la piccola bomba che ieri ha lasciato cadere il presidente della Bce, Mario Draghi, di fronte alla commissione affari economici del Parlamento europeo. “Il nostro pacchetto di misure sta dando effetti tangibili” afferma Draghi, ma questo potrebbe non bastare, perché la “nostra politica monetaria accomodante”, che ha ridotto il tasso di interesse al minimo storico dello 0,05%, “non raggiunge in modo sufficiente” l’economia reale. Altri 700-1000 miliardi alle banche (e solo 6 miliardi promessi per il lavoro giovanile) non sono riusciti a smuovere il mercato del credito in alcune parti della zona euro, c’è ancora troppo squilibrio e “mostra segni di ripresa timidi”. Ma contro queste eventuali larghezze veglia la Germania, che non ne vuol sapere. E all’orizzonte c’è la minaccia della sentenza della Corte di giustizia europea, che dovrà rispondere prossimamente se queste misure “non convenzionali” non contraddicono i Trattati.

Intanto, la Grecia adesso chiede un “alleggerimento” del proprio debito, come “ricompensa” per gli sforzi fatti. Nel 2012 erano stati cancellati 105 miliardi, ma il prestito di 240 miliardi ad Atene ha fatto salire il debito al 175%, un livello insostenibile. La Trojka è attesa a giorni nella capitale greca. Non è difficile prevedere che ci saranno le solite raccomandazioni sulle “riforme strutturali”. Anche Draghi ha ancora insistito ieri sui “programmi insufficienti” e sul “bisogno urgente di impegni concreti a breve termine” da parte degli stati, per applicare il Fiscal Compact: “i paesi che crescono di più sono quelli cui alcune riforme strutturali sono già state attuate”, ha sottolineato Draghi (sorvolando sul fatto che la Germania è in affanno e che la Francia restia alle riforme ha avuto una ripresa minima nell’ultimo trimestre solo grazie alla spesa pubblica). Le riforme strutturali, assieme a passi avanti su una “politica di bilancio aggregata per l’area euro” e su una “strategia comune sugli investimenti” dovrebbero riportare la fiducia, fattore di base per sperare in una ripresa economica. Non tocca a Draghi dare un contenuto alla crescita. Domenica, dal G20 di Brisbane (i paesi più ricchi della terra, 90% del pil mondiale) è venuta una dichiarazione di volontà per prendere in considerazione i rischi del cambiamento climatico, anche se poi le raccomandazioni ai vari paesi sono di attuare misure di carattere liberista, di deregulation ad ampio raggio. In Europa, è con questi soli strumenti che dovrebbe venir invertito il crollo del valore aggiunto proveniente dall’industria. La Commissione, che appena nata è già senza credibilità a causa dello scandalo Luxleaks (frode fiscale delle grandi multinazionali grazie ad accordi con i governi di Lussemburgo, Olanda, Irlanda e altri in misura minore), l’ancora di salvezza è ora identificata con il piano di 300 miliardi, di cui si dovrebbero conoscere i dettagli entro fine anno (investimenti in tecnologia, digitale, trasporti, ricerca, innovazione, energia). Pierre Moscovici, il nuovo commissario agli Affari economici, ha fatto capire in un incontro con i giornalisti a Parigi una settimana fa, che Bruxelles nelle raccomandazioni sulle finanziarie dei paesi membri che saranno pubblicate entro fine novembre, non “punirà” con la multa per deficit o debito eccessivo i paesi che sforano (Francia e Italia in testa).