Rolihlahla Dalibhunga Mandela nasce a Mvezo, un piccolo villaggio del Transkei, il 18 luglio 1918.

«Rolihlahla» in lingua xhosa è un piantagrane, uno che «tira i rami dell’albero». Il nome inglese Nelson arriva qualche tempo dopo, una pensata del suo primo insegnante. Invece Madiba, come tutti lo chiamavano in Sudafrica, è il nome del clan di etnia Xhosa a cui Mandela appartiene, con tanto di legami familiari con la dinastia regnante dei Thembu.

La prima piccola rivolta della sua vita Mandela la guida all’università di Fort Hare, dove è iscritto, per denunciare la pessima qualità del cibo servito in mensa. Gli costa la sospensione e l’acuirsi del conflitto con le autorità claniche che dopo la morte del padre hanno preso in carico il suo destino. Lui si sottrae, schiva anche il matrimonio combinato che lo aspetta e si trasferisce a Johannesburg per continuare gli studi.

A cambiargli la vita è l’incontro con Walter Sisulu e il successivo ingresso nell’African national congress, tra il 1942 e l’anno successivo. L’anno in cui sposa Evelyn Mase, il 1944, fonda la Youth League, la lega giovanile del partito, complici Walter Sisulu e Oliver Tambo, che con pratiche di lotta innovative a partire dal 1949 alzerà sensibilmente il livello dello scontro con Pretoria. Nel 1952 Mandela è arrestato per «comunismo» e condannato a 9 mesi con la pena sospesa. Nello stesso anno apre con il suo compagno di partito Oliver Tambo lo studio legale Mandela & Tambo, per fornire assistenza legale ai neri che non ce l’hanno.

Nel 1956 Mandela finisce nuovamente sotto processo, con l’accusa stavolta di alto tradimento, insieme ad altre 150 persone. Nel ’58 sposa Winnie Madikizela. Un anno dopo, le insoddisfazioni interne e le spinte «africaniste» in seno all’Anc portano tra l’altro al lancio del Pan-Africanist Congress, un nuovo partito che include anche bianchi e indiani.

Il 1960 (21 marzo), è l’anno dell’orrore di Sharpeville, la protesta anti-apartheid soffocata nel sangue dalla polizia: una settantina le vittime inermi, la maggior parte uccise dalla polizia con colpi di arma da fuoco alla schiena. Stato d’emergenza e nuovo arresto per Mandela, mentre Oliver Tambo ripara all’estero.

L’Anc viene messo al bando.

Nel 1961 si festeggia l’assoluzione di Mandela al processo per alto tradimento iniziato cinque anni prima. Lui entra in clandestinità e contribuisce a creare l’Umkhonto we Sizwe (Lancia della Nazione). La guerriglia del cosiddetto MK prevede attacchi a obiettivi mirati, strettamente legati al regime, risparmiando la popolazione. Mandela compie varie missioni all’estero in cerca di armi e appoggio internazionale e al suo ritorno nel 1962 viene nuovamente arrestato, condannato a 5 anni e rinchiuso a Robben Island.

Tra il ’63 e il ’64 infuria il cosiddetto processo di Rivonia – per sabotaggio e insurrezione contro i poteri dello stato – con cui il regime di Pretoria vuole in pratica liquidare l’intera leadership dell’Anc. La posizione di Mandela viene equiparata a quella degli altri suoi compagni, a cominciare da Sisulu, che sono stati arrestati nella famosa fattoria di Rivonia l’11 luglio 1963, nel corso di un’azione contro l’MK. Gli accusati evitano per un soffio la sentenza capitale e vengono condannati all’ergastolo.

Nel 1966 viene ucciso il premier Hendrik Frensch Verwoerd da un estremista afrikaner. Tra il 1968 e il 1969 Mandela perde la madre e il figlio maggiore, ma le autorità gli negano il permesso di partecipare alle esequie. Mentre la sua prigionia prosegue, il paese ribolle.

Nel 1976 esplode la rivolta degli studenti di Soweto contro l’insegnamento obbligatorio della lingua afrikaans. In otto mesi di scontri e repressione muoiono quasi 600 persone, un quarto hanno meno di 18 anni. Due anni dopo P.W. Botha diventa primo ministro. Dall’estero Tambo lancia nel 1980 la campagna «Release Mandela». E lui, dopo 18 anni di reclusione a Robben Island, viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Pollsmore. Tra il 1983e il 1984 le township continuano a bruciare, anche perché Botha progetta di dare diritto di voto ai coloured (la polazione di origine asiatica) ma non ai neri. La risposta della polizia è brutale, con decine e decine di morti. La guerriglia dell’MK inizia a colpire poliziotti, latifondisti e presunti collaborazionisti.

Il mondo si mobilita sul serio nel 1985, quando esplodono le canzoni dell’album «Sun City» e soprattutto «Free Nelson Mandela» degli Specials Aka. L’arcivescovo Desmond Tutu impegna la chiesa sudafricana nella lotta anti apartheid e riceve il senatore Edward Kennedy.

Botha offre a Mandela la libertà in cambio della rinuncia alla violenza, ma lui rifiuta. Il governo decreta lo stato d’emergenza nel 1986, quando la situazione nelle township è ormai ingestibile. Poco dopo iniziano i colloqui segreti tra Mandela e il regime di Pretoria. Nell’anno che segue i colloqui avanzano, ma all’interno dell’Anc crescono anche le critiche, i timori di una svendita della causa. Nel 1988 – 24mo anno di prigionia, 70mo compleanno – il mondo festeggia Madiba a Londra con un grande concerto che viene trasmesso in 60 paesi. In Africa (Hugh Masekela, Youssou N’Dour, Salif Keita, Majek Fashek) come in Italia (Africa Unite) il nome e la causa di Mandela risuonano in decine di canzoni.

Il dialogo con il governo intanto prosegue in un cottage appartato nel carcere di Victor Verster. Il detenuto più famoso del mondo a questo punto ha una piscina, un giardino, un cuoco. Nel 1989 Botha vede Mandela e poi muore, nel senso che si dimette e lascia il posto a De Klerk, il quale ha già capito come stanno le cose. In breve libera gli imputati del processo Rivonia, rilascia Sisulu e abbandona ogni proposito di ulteriori accanimenti segregazionisti. Si rende conto che milioni di arresti per violazione alle pass laws non sono serviti a molto e comincia a smantellare piano piano il sistema dell’apartheid, accettando il principio del power sharing. Il primo dei tre storici incontri con Mandela spianano la strada al resto. Il 2 febbraio 1990 cade il bando sull’Anc, l’11 febbraio Mandela viene liberato dopo 27 anni. Ha da subito un’agenda piena, viaggia molto con Winnie, vede Tambo in Svezia.

Tra Anc e National party sono iniziate le trattative per il primo governo multirazziale, ma le violenze continuano nelle township. Winnie fa discorsi incendiari e viene processata per la brutta storia di un ragazzino rapito e ucciso a casa sua. L’Inkatha Freedom diventa un partito, si diffondono a macchia d’olio le violenze interetniche fomentate dalla polizia in chiave anti Anc. Il partito celebra il suo primo congresso libero in Sudafrica nel 1991, Mandela viene eletto presidente del partito l’anno dopo. Nel mezzo e ancora a seguire ancora violenze, lo stallo dei negoziati, una nuova campagna di resistenza e boicottaggi, lo sciopero generale. Nel 1993, in aprile, l’assassinio di Chris Hani scuote il paese. E a dicembre la strana coppia De Klerk-Mandela si aggiudica il Nobel per la pace.

Nel 1994 le prime elezioni libere incoronano Mandela presidente, De Klerk vice. Nel 1995 il Sudafrica organizza il Mondiale di rugby e Mandela riesce a riunire il paese a sostegno degli Springboks, la nazionale preclusa ai neri negli anni dell’apartheid. L’anno dopo Mandela divorzia da Winnie. E nel giorno del suo 80mo compleanno, il 18 luglio 1998, sposa Graça Machel, vedova del suo vecchio amico, presidente ed eroe dell’indipendenza del Mozambico, Samora Machel. Lo stesso anno le truppe sudafricane intervengono in Lesotho per impedire un golpe.

Nel 1999 scade il mandato presidenziale di Madiba, che lascia anche la guida dell’Anc. L’annuncio del ritiro vero dalla vita pubblica arriva nel 2004. Un termine al di là del quale si concederà poche, eclatanti eccezioni. Come la comparsata ad Hyde Park per il concertone del suo 90simo compleanno, il 27 giugno 2008. Nel 2010 l’ultimo bagno di folla, per la finale del Mondiale di calcio che si era aperto con l’ultimo colpo duro, la morte della nipote 13enne.