Il primo fine settimana è passato, il Festival va verso il suo secondo tempo, finale anticipato sabato per le elezioni europee, nella città di destra fedelissima il Front National usa la faccia di Le Pen per conquistare voti. Francia ai francesi, abbasso l’Europa. Già. Certo è che se fuori dei propri «confini» l’Europa è una specie di Eldorado – vedi le mitologie dell’Ucraina nazionalista – di libertà, dentro la percezione è di una zona morta, in cui questa stessa libertà (alla Paul Eluard verrebbe da dire citando Cronenberg) è stata soffocata dalle banche, dal ricatto delle economie, dal rigore che impone governi e scelte ai paesi massacranti.

Avere vent’anni oggi è dura come averne 40, vale la legge del precariato sotto i cieli europei, e la fuga sembra essere quasi impossibile. In più se giovane hai pure lo sberleffo della mitologia. Prendiamo la coppia di Hermosa Juventud, il film nel Certain regard di Jaime Rosales, Natalia e Carlos: ventenni circa, vivono tutti e due coi genitori, vedova e malandata quella di lui, divorziata con padre che non passa un soldo quella di lei. Lavoretti occasionali, pure porno di serie zeta a 600 euro in coppia, zero future in instantgram senza nemmeno la rabbia punk. Poi lei rimane incinta, quel bimbo è un orizzonte, solo che piange, i soldi non ci sono, e Madrid non offre nulla, la crisi devasta.

Rosales lavora su un registro «ordinario», la crisi è il personaggio della ragazza – a cui dà vita con speciale intensità Ingrid Garcia Jonsson – e la frizione col mondo che la circonda. La sua scommessa sta nella ricerca di un cinema politico di segno contrario alla retorica del «vero», duro, preciso, e verissimo grazie a una costruzione narrativa millimetrata.

Pensiamo a cosa è raccontare oggi per immagini, in un film la crisi, fuori dalle ribalte usurate dei talk show, dentro a una percezione ordinaria di gesti. L’«ossessione» dei soldi per esempio. Tutto nei discorsi dei ragazzini viene monetizzato, dai 5 ai 100 euro, e alla fine se qualcuno ti taglia la gola sei pure contento nella speranza di poche migliaia di euro di indennizzo. Partire, col mito della Germania dove si trova lavoro. Ma forse anche questo è un falso mito. Divertirsi, la discoteca, ma ballando in strada. Fare figli, pure se per sbaglio: Non è un buon momento per mettere al mondo un bambino dice la madre a Natalia, e lo sa bene, ne ha tre da mantenere, corre tutto il giorno.

Le amiche, le chiacchiere, la gelosia, lo stare insieme, i discorsi tra maschi, il ragazzo che quel figlio gli fa paura. Di Hermoso, ovvero bello, questa gioventù non ha niente, e il titolo del film di Rosales, La bella gioventù, suona come uno schiaffo, o una provocazione. È un film generazionale quello di Rosales in cui la generazione, diviene punta avanzata di una condizione generale, quasi il laboratorio di un mondo venire. E non è un caso che in questi giorni siano proprio i ragazzi i personaggi principali col compito di incarnare il nostro tempo. Rosales controlla però con estrema attenzione la trappola del genere, non cade nella sociologia o nel finto documentarismo. Vicino ai suoi personaggi li lascia liberi di esprimere la propria condizione. Il malessere profondo del presente ha bisogno di nuove immagini, di una sensibilità che ce ne sappia rendere il conflitto. E qui accade attraverso i due protagonisti vivi, a loro modo lottatori seppure spaesati e fragili,senza certezze e senza molti riferimenti perché per condividere la loro dimensione non ci sono vie di scampo.

È questa l’Europa che abitiamo? L’Europa delle spending review e dei rigori, del conflitto e della confusione? Dove un mondo si chiude in una borsa, o viene osservato come fuori dal quadro.Ecco, questo sentimento di estraneità impossibile, il film di Rosales lo cerca di continuo. Nel tono di un’immagine «reale» per la sua capacità di inventare paesaggi, scorci anonimi in fondo quasi che la condizione dei due protagonisti diventi un riflesso universale. Che il cinema sappia entrare nel suo tempo, e coglierne il movimento più profondo è una necessità fondamentale. Rosales ne cerca una dimensione possibile, in cui spazio, tempo, dettagli, un gesto diventano riflesso del presente. Un punto di partenza importante.