«Anch’io ho delle tette bellissime. Ma non le sventolo in giro», dice Joan Crawford (Jessica Lange) a suo marito Alfred Steele mentre Marilyn Monroe sale sul palco dei Golden Globes, premiata per A qualcuno piace caldo. Nel 1961, Crawford aveva 56 anni, ma faceva fatica a trovare lavoro presso gli studios. Solo quattro anni più giovane di lei Bette Davis (Susan Sarandon), ovvia allo stesso problema rifugiandosi sui palcoscenici di Broadway. Come dice(va) il vecchio adagio hollywoodiano: con l’avanzare dell’età, gli uomini diventano interessanti, le donne invecchiano a basta. «Ma tu le scoperesti?» esordisce infatti Jack Warner (Stanley Tucci), nel mezzo di un massaggio, quando Robert Aldrich (Alfred Molina) gli parla di un film che, per la prima volta, vedrebbe insieme Crawford e Davis, due delle massime dive del melodramma Usa e, vuole leggenda, due nemiche per la pelle.

Alla rivalità tra le due attrici e alla misoginia storica della dream factory è dedicato, Feud: Bette and Joan, prima stagione di una serie con cui Ryan Murphy esplorerà faide celebri. In onda su FX a partire da domenica sera, Bette and Joan ha tutti gli ingredienti che ormai distinguono il produttore di Nip/Tuck, Glee, American Horror Story e American Crime: l’affinità istintiva per la pop culture, il gusto che tende al camp ma non vi si abbandona veramente mai, la scrittura fitta fitta, che «mette ordine» persino allo splatter, i valori di produzione abbondanti di dettaglio storico, sontuosi e patinati.

Fresco del successo di American Crime: The People vs. O.J., anche per questo nuovo progetto, Murphy ha messo insieme un super cast. Oltre a Sarandon, Lange (con cui ha già collaborato anche in American Horror Story), Tucci e Molina, Judy Davis è la velenosa gossip columnist Hedda Hopper, Catherine Zeta-Jones Olivia de Havilland e Kathy Bates Joan Blondell. Alimentata da penne velenose come quella di Hopper, da studios che coccolavano le star ma ne pativano i capricci e il potere (la WB non perdonò mai a Davis di aver fatto causa, nel 1936, per liberarsi dal suo contratto) e da uffici stampa compiacenti, l’inimicizia storica tra Davis e Crawford ebbe il suo sfogo più vistoso – e pubblicitariamente conveniente- sul set di Che fine ha fatto Baby Jane?, tratto dal romanzo di Henry Farrell.

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Non sorprende quindi che anche Murphy dedichi molto spazio al making of the grande capolavoro gotico di Bob Aldrich, su due sorelle ex-attrici che, in una spettrale casa hollywoodiana, si fanno a pezzi a vicenda. The Feud inizia con una Crawford sul viale del tramonto (l’Oscar per Mildred Pierce, quindici anni prima, una memoria ormai lontana), umiliata dall’astro di Monroe e virtualmente disoccupata nel suo villone da Norma Desmond.

Con capelli e sopracciglia nero pece per l’occasione, Lange lascia spesso trapelare dietro all’imperiosità un’aria ferita, dolorante, insicura. È a lei, piuttosto che alla Davis di Sarandon (più moderna, disinibita, artisticamente realizzata) che Murphy sembra più vicino emotivamente. Nella realtà, fu Aldrich che mandò a Crawford (che aveva già diretto con successo in Autumn Leaves) il libro di Farrell.

In un post scriptum alla lettera con cui, il 29 agosto del 1961, il regista mandò a Crawford il libro offrendole la parte di Blanche, Aldrich scrisse: «Non è un vero peccato che Bette sia impegnata nella piecé di (Tennessee) Williams? Perché, se mai c’è stato un progetto tagliato per voi due è questo. Ma..c’est la vie». Crawford abboccò all’amo e, di sua iniziativa, andò a New York a vedere Davis in La notte dell’iguana, e a parlare di Baby Jane. «Broadway è troppo piccola per te Bette», dice Lange a Sarandon nel camerino, mente l’altra la guarda con antipatia, «e poi nel film avrai il title role», sorride suadente Lange.

«Bette è stata squisita come solo lei sa essere», scrisse Crawford ad Aldrich, in una lettera dal 17 gennaio 1962, con elegante veleno, dopo l’incontro a teatro: la missione aveva avuto successo. Come si vede anche in Feud, Aldrich, a sua volta reduce da un flop (Sodoma e Gomorra) fece fatica a trovare soldi e distribuzione per Che fine ha fatto Baby Jane?. Tutti volevano attrici più giovani, o un altro regista. E poi perché un horror? La prima puntata della serie si ferma all’inizio della lavorazione, sul cui backstage gli aneddoti però sono moltissimi. Burt Reynolds (amico di Aldrich) mi raccontò che per la scena in cui Baby Jane trascina Blanche sul pavimento, all’insaputa di Davis, Crawford si appese dei sacchi di sabbia alla vita, per risultare più pesante.

E il topo morto nel piatto di Blanche sarebbe stata una sorpresa anche per Crawford, ordita da Davis, dalla troupe e forse anche da Aldrich. Adell, la figlia del regista, che sul set era script supervisor, mi spiegò che suo padre raramente parlava a un’attrice se non era presente anche l’altra, per evitare rappresaglie. Il film fu un grosso successo, di critica e pubblico, alimentato anche dalla storia della rivalità tra le due, e ricevette 5 nomination agli Oscar. Vinse solo per i costumi. Ma, mettendo le mani avanti, Crawford si era assicurata la chance di salire sul palco dei premiati lo stesso, chiedendo ad Anne Bancroft (impegnata a teatro) di ritirare la sua statuetta.