Non sono molti quelli che conoscono Kyle Cooper, che viene premiato qui con il Vision Award Ticinomoda, eppure tutti i frequentatori di cinema (e gli spettatori televisivi) hanno visto e molto spesso apprezzato il suo lavoro. Cooper è infatti specializzato nel realizzare i titoli di testa dei film o talvolta dei prologhi. Uno su tutti, è stato Seven, tra l’altro una delle sue prime prove che lo ha catapultato nell’olimpo hollywoodiano, senza mai disprezzare o trascurare il lavoro con gli indipendenti. L’aspetto che ha reso dirompenti quei titoli (si possono vedere su Youtube) non è solo legato al tentativo, riuscitissimo, di entrare nel clima del film, ma al fatto che quei materiali ci portano nella tana del mostro, l’assassino che pianifica le sue azioni punitive attraverso un insieme di oggetti, di foto, di scritte, materiali che permettono di anticipare pur senza disvelare. Bisogna dire che tra i lavori più riusciti di Cooper ci sono un’infinità di horror, del resto come poteva essere altrimenti per un graphic designer nato a Salem, Massachusetts di venerdì 13? Lui stesso scherza su questi aspetti definendosi un po’ stregone. Comunque sia sono gli studi e gli incontri a formarlo. Dopo non riuscitissimi approcci nei confronti dell’architettura e dell’Interior Design Cooper approda «casualmente» a Yale dove trova un ottimo protettore capace di apprezzare il suo approccio, pur ricordandogli che non deve imitare ma assimilare dei concetti. Si tratta di Paul Rand uno dei massimi esponenti statunitensi di graphic design.

Ma Cooper non è ancorato ai poster dei film, o alle copertine dei libri, con il suo lavoro ha appreso la lezione di Rand ma si è spinto oltre. Nella masterclass tenuta a Locarno il suo racconto ha spaziato da Saul Bass che aveva copiato un’idea di Rand, ma poi ha risarcito con altri lavori, ai rapporti con registi famosi che si fidano ciecamente di lui. Tra i suoi «capolavori brevi» il prologo di L’alba dei morti viventi costruito come un reportage giornalistico, gli insetti infilzati con lo spillo in Mimic, l’esplosione creativa di I sogni segreti di Walter Mitty, la trovata geniale di Wimbledon con il pubblico che assiste a una partita di tennis con le teste che si muovo di qua, di là, ancora di qua, poi Final Destination 5, alcuni Spider Man, la serie American Horror History.

Ma forse il gioiellino è quel prologo di Argo, il film di Ben Affleck sugli ostaggi statunitensi in Iran, dove Cooper compendia l’intera storia iraniana con foto, disegni, animazione, filmati in una breve sequenza non solo emozionante, ma anche estremamente efficace. Un’introduzione superlativa. Geniali anche i titoli di Godzilla con le riprese in bianco e nero e a colori delle esplosioni atomiche di bikini. Materiali davvero fantastici che non poche volte risultano di gran lunga migliori dei film che devono andare a introdurre. Alla domanda su quali siano le cose cui è più affezionato la risposta è semplice «le cose migliori che ho fatto sono le esperienze, le persone che ho incontrato».