Cecile Kyenge non parteciperà alla festa della Lega che si terrà domani a Milano Marittima. Dopo aver atteso inutilmente per due giorni che Roberto Maroni richiamasse i leghisti mettendo fine agli insulti contro di lei, ieri il ministero dell’Integrazione ha deciso di dare seguito a quanto promesso, ovvero disdire la partecipazione al dibattito sull’immigrazione che avrebbe dovuto tenere con il governatore del Veneto Luca Zaia alla festa del Carroccio. «Rimane aperta la sua disponibilità al dialogo e al confronto, ammesso però che si creino le adeguate condizioni», ha spiegato la portavoce del ministro.

Condizioni che, evidentemente, non si sono verificate nonostante i tentativi fatti da Maroni per convincere la ministra. Tentativi di cui si sarebbero resi protagonisti un fedelissimo come Gianluca Pini e il deputatao «pontiere» del Pd Daniele Marantelli. Tutto inutile. Perché ciò che Kyenge chiedeva per confermare la sua presenza alla festa, vale a dire una presa di posizione di Maroni contro chi la insulta, non c’è stata. «Siamo molto delusi per questa decisione» commenta Pini, che della Lega è vicecapogrupo alla Camera. «Aver fatto vincere il partito dello scontro non fa onore a chi dice di volere un cambiamento».

In realtà a far vincere il partito dello scontro, come lo chiama Pini, non è stata la ministra ma il silenzio di Maroni, evidentemente troppo debole per permettersi di zittire i suoi. E costretto per di più a subire le critiche di Bossi che approfitta del «caso Kyenge» per attaccare contemporaneamente Maroni e la ministra. «Io non l’avrei invitata alla nostra festa», ha detto infatti il senatur. «Non si dialoga con chi vuole distruggere la Bossi-Fini, che è l’ultimo baluardo rimasto contro l’immigrazione clandestina».

E le parole di Bossi non sono certo state le uniche. Prima di lui un altro esponente di spicco del Carrocio come Roberto Castelli (per la cronaca anti-maroniano) era andato giù pesante, definendo Kyenge una «nullità politica», seguito ieri dal segretario dell’Emilia Romagna, Fabio Rainieri. «Smettiamola di dare visibilità e di aprire la strada a un ministro che ha basato tutta la sua visibilità e la sua azione nello scontro con la Lega Nord», ha detto Rainieri, secondo il quale la Lega Emilia avrebbe aiutato la sorella della ministra a trovare casa. «E nonostante questo ci chiama razzisti?»

Alla fine chi rischia di uscire peggio dalla vicenda è proprio Maroni, che almeno in questa occasione ha dimostrato di non tenere in mano il movimento. E questo nonostante gli sforzi di Zaia per allontanare l’accusa di razzismo dal Carroccio. «Siccome la festa sarebbe stata l’unica vera occasione di confronto su immigrazione, integrazione e leggi sul tema – dice infatti il governatore del Veneto -, sono disponibile ad andare io a una festa del Pd a parlare con il ministro Kyenge».