Kurt Weill a Theodor W. Adorno,
New City, N.Y.,
7 aprile 1942
Caro T.W.,
Mi consenta, per favore, di scrivere in inglese. Mi viene più facile e lo preferisco.
È stato molto bello avere sue notizie dopo tanto tempo. Ho lavorato a lungo questi ultimi anni e per la maggior parte del tempo ho vissuto in campagna e non ho visto molte persone. (…)

Per quanto riguarda L’opera da tre soldi, devo dirle che non sono affatto d’accordo con il suo punto di vista, né in generale, né nei dettagli. La sua lettera contiene numerosi errori e affermazioni sbagliate, che vorrei correggere perché penso sia un peccato che un uomo della sua intelligenza e integrità sia così disinformato su alcuni fatti.

Quel che dice a proposito del teatro di Broadway è, a mio avviso, del tutto sbagliato. Ho visto altre persone di qui commettere lo stesso errore. Vedono pochi spettacoli a Broadway, li paragonano alle cose migliori viste in Germania, e passano senz’altro a un giudizio complessivo di tutto il teatro americano. Lei dimentica completamente che sono trascorsi più di dieci anni da quando lavoravamo nel teatro tedesco e ora, se stessimo ancora in Germania, faremmo una forma di teatro del tutto differente. Ho studiato in modo approfondito il teatro americano e ho visto tutti gli spettacoli importanti in questo paese, a Broadway e fuori da Broadway, negli ultimi sette anni, e posso assicurarle che hanno fatto esattamente tanto «teatro sperimentale», di ogni genere, quanto ne abbiamo fatto in Germania. Hanno conosciuto il teatro espressionista, quello epico e quello surrealista.

Hanno avuto proiezioni, narratori, cori greci. Il teatro russo moderno ha avuto qui la stessa influenza che ha avuto in Germania, e ho visto molte recite intrise di critica sociale, satira poltica, Zeitoper, e così via. L’unica differenza sta nel fatto che tutto questo è concentrato a New York, che Broadway è, al momento, il centro e il cuore del teatro americano. (La National Theatre Conference, della quale sono un membro attivo, sta tentando con molto sforzo di cambiare la situazione). Ma, accanto alla Russia, Broadway è oggi il più interessante centro teatrale al mondo. Lei cade in un grande errore quando dice che qualunque esperimento teatrale deve passare prima da qualche altra parte e poi inculcato a forza a Broadway. È stato tentato, qualche volta, ma è andata a finire in un completo disastro per la semplice ragione che quegli spettacoli importati da altre città erano assolutamente provinciali e di seconda categoria. Si può fare qualunque cosa a Broadway e trovare un pubblico adeguato, se è qualcosa di buono. Ho io stesso fatto tre spettacoli sperimentali qui, e l’ultimo è andato esaurito per quattordici mesi a tutt’oggi, malgrado esso rappresenti una forma del tutto nuova di musical. So che un giorno o l’altro avrei ripreso l’Opera da tre soldi a Broadway, preservando tutti i valori del lavoro originale, ma plasmandolo sulla vita americana e non sul teatro negro, che è qualcosa di speciale e piuttosto improbabile per un adattamento tedesco di una vecchia ballad-opera inglese.

Quel che dice a proposito dei problemi musicali dell’Opera da tre soldi suona piuttosto bizzarro, visto che lei è stato sempre un difensore dell’integrità musicale. Da dove ha tratto la nozione che «l’esecuzione dell’Opera da tre soldi si è sempre basata su un arrangiamento jazz»? Ha mai visto la mia partitura orchestrale per l’Opera da tre soldi? Non sa che questa partitura è stata sempre eseguita esattamente come l’ho scritta? Non c’era alcuna «rythmische Kunste» (libertà artistica ritmica) nella sua interpretazione che (Theo) Mackeben non abbia trovato nella mia partitura.

ome si spiegherebbe altrimenti il successo di questa musica in centinaia di posti dove Mackeben non dirigeva? E ancora: non sono affatto sicuro che questa partitura non dovrebbe essere eseguita qui, nella sua forma originaria. Ha sempre un grande successo con gli americani e i vecchi dischi tedeschi si vendono ancora a centinaia qui. Ma se pure dovesse essere cambiata o adattata, lei non pensa che io farei un lavoro migliore di quello di un musicista negro di second’ordine di Los Angeles? «Der Stachelund die Fremdheit» (Il pungente e lo straniamento) di cui parlate, è nella mia musica, nelle mie melodie, nelle mie armonie e nelle mie orchestrazioni e chiunque le toccasse le distruggerebbe. Per quanto riguarda, poi, le «variazioni jazz», sembra che lei non sappia come questa forma sia stata portata al massimo della perfezione da musicisti e arrangiatori bianchi piuttosto che dai negri. Io stesso ho studiato questo stile, e me ne sono servito subito dopo. Non è un segreto…
Traduzione di Francesca Borrelli

di ORESTE BOSSINI
L’8 aprile del 1942 Kurt Weill raccontò alla moglie Lotte Lenya di aver scritto a Theodor W. Adorno una lettera «che non dimenticherà per un pezzo». Adorno aveva perorato la causa di una produzione dell’Opera da tre soldi con una compagnia interamente di colore, guidata da Clarence Muse, uno dei primi attori neri di Hollywood, idea che a Brecht era piaciuta moltissimo, ma che non trovò d’accordo Weill – reduce dal successo a Broadway di Lady in the Dark, per nulla favorevole al progetto e, soprattutto, a perdere il controllo sulla sua partitura. Assillato dalle richieste di Muse, aveva alla fine acconsentito a che il lavoro venisse rappresentato solo in California, abbastanza lontano da Broadway da non compromettere la sua reputazione. La vicenda fa venire a galla non solo la diversa adesione di Brecht e Weill al contesto americano, ma anche i lasciti di dissapori affiorati già all’epoca della produzione originale dell’Opera da tre soldi al Theater am Schiffbauerdamm di Berlino, il 31 agosto 1928, quando Weill rese esplicita la sua interpretazione del lavoro di Brecht non come dramma accompagnato da musiche di scena, bensì come una forma moderna di teatro musicale, modellata sull’antica ballad-opera di Gay e Pepusch, The Beggar’s Opera.

I già delicati equilibri personali erano ulteriormente appesantiti dalle tensioni interne all’emigrazione tedesca negli Stati Uniti. L’rritazione che Weill manifesta verso quanto Adorno gli aveva scritto, è dovuta a quella che gli sembra una intollerabile subalternità del filosofo ai disegni dello scrittore, il quale del resto gli aveva già chiesto invano di accordare a Muse i diritti per la rappresentazione della sua Dreigroschenoper. Ma più del resto, a indignare il musicista era stata l’incauta affermazione di Adorno secondo il quale la messa in scena dell’Opera da tre soldi necessitava di venire aggiornata, perché – si legge nella lettera (qui non riprodotta) – «la situazione ideologica in America non può essere comparata a quella tedesca del 1929. Non è in alcun modo una ‘situazione critica’, e come tale non è pronta ad accettare un lavoro come Dreigroschenoper, che è indissolubilmente legato a un clima di crisi».

Affermazione dietro la quale Weill lesse una interpretazione ottusamente ideologica della storia contemporanea, che rivelava come sia Adorno sia Brecht fossero, secondo lui, visceralmente legati a un mondo che non esisteva più, o perlomeno non trovava asilo nella sua coscienza di nuovo cittadino americano. Indicativo, a questo proposito, che Adorno scriva in tedesco, mentre Weill – a dispetto degli errori di ortografia sparsi nella lettera – dichiari, in modo velatamente polemico, di sentirsi più a suo agio nella lingua inglese. Ma la frase a Weill più indigesta riguarda, ovviamente, la parte musicale: «Comunque – gli aveva scritto Adorno – il pensiero che mi ha indotto a intervenire è il seguente: fin dall’inizio lo stile esecutivo di Dreigroschenoper si è basato su un arrangiamento jazzistico». Weill lo nega, perché questo significherebbe, per lui, legare il successo della sua partitura alla direzione di Theo Mackeben, accettare che dipenda dallo stile «accattivante» immesso nella sua musica, che – non a caso – Adorno vede esaltata da una versione interamente affidata a musicisti jazz, neri.