La prematura scomparsa di Yoshifumi Kondo nel 1998 rappresentò per il mondo dell’animazione giapponese dell’epoca un vero e proprio shock. Considerato uno dei possibili successori di Hayao Miyazaki e Isao Takahata allo Studio Ghibli, Kondo aveva diretto il sottovalutato I sospiri del mio cuore nel 1995 e contribuito in modo molto cospicuo all’evoluzione dello studio nei decenni precedenti, sia come direttore delle animazioni sia come character design per molti dei capolavori targati Ghibli. La morte di Kondo è probabilmente, qui il condizionale è d’obbligo, è ancora oggi una porta spalancata sul lato oscuro dell’animazione giapponese.

Anche in uno studio come quello di Miyazaki infatti, i ritmi forsennati e folli di lavoro a cui sono sottoposti i disegnatori sembrano esser stati una delle concause della prematura scomparsa di Kondo.
Scomparso nel 1998, la ferita continua ancora a sanguinare, in una recente occasione pubblica per ricordare Takahata, scomparso lo scorso anno, Toshio Suzuki, produttore dello studio ad amico di Miyazaki e Takahata, non ha usato mezzi termini addossando parte delle responsabilità dei carichi di lavoro proprio a Takahata.

È in corso di svolgimento in Giappone una mostra dedicata a Kondo che ne ripercorre tutta la sua carriera, dalla fine degli anni sessanta fino alla fine del secolo scorso. Quasi a tracciare un parallelo con la sua parabola artistica di eroe sconosciuto, l’evento è organizzato nella città di Tsu, prefettura di Mie, nel Giappone centrale, non certo uno dei centri pulsanti della cultura popolare nipponica. Ciò che colpisce fin dai primi pannelli che aprono il percorso della mostra è il tocco che per talento naturale Kondo possedeva, fin da quando inizia il suo coinvolgimento con lavori di un certo spessore e popolarità sul finire degli anni sessanta, quando dalla natia prefettura di Niigata decide di trasferirsi a Tokyo.

Nella capitale collabora come animatore alla realizzazione di serie quali Tommy, la stella dei Giants o il primo Lupin III, dove conosce Miyazaki. Successivamente, circa un decennio più tardi, si unisce alla Nippon Animation, ancora in qualità di animatore, per la realizzazione di Conan il ragazzo del futuro e di Anna dai capelli rossi, per cui è anche il responsabile del character design. I suoi disegni e schizzi del periodo sono davvero un segno della sua grandezza, i vari pannelli esibiti per la mostra, fra schizzi preparatori a colori o in bianco e nero, ci mostrano la mano di un artista a tutto tondo, a suo agio sia in disegni di stampo quasi classico, che nella realizzazione di scene comiche o in generale più plastiche e fluide, un maestro nell mescolare lo stile pop con tematiche serie.

Uno dei picchi artistici sia per Kondo che per lo Studio Ghibli arriva sicuramente con Una tomba per le lucciole nel 1988, la straziante storia di due bambini durante la seconda guerra mondiale, lavoro diretto da Takahata e di cui Kondo curò il character design e di cui fu il responsabile anche delle animazioni. Da qui i capolavori si susseguono da Kiki servizi a domicilio a Omohide Poro Poro – Pioggia di ricordi, da Pom Poko a Principessa Mononoke.

La mostra, che arriva proprio fino a quest’ultimo lungometraggio, offre una visione ad ampio spettro della bravura e dell’influenza che Kondo ha avuto per lo Studio Ghibli. Come si diceva all’inizio, una sorta di eroe sconosciuto, anche se conosciutissimo fra gli appassionati, simbolo di tutti quei collaboratori ed importantissime mani che vanno a comporre un film d’animazione, ma che spesso vengono messi in secondo piano.

matteo.boscarol@gmail.com