«In questo spazio siamo più di quante siamo. Non poter vedere e non poter capire fino in fondo, ma accogliere tutto ciò che l’ambiente restituisce». Così Erika Z.Galli e Martina Ruggeri, fondatrici del gruppo romano Industria Indipendente, presentano il loro spettacolo Klub Taiga – Dear Darkness in scena da stasera fino a sabato al Teatro India di Roma e il 18-19 maggio al festival FOG di Triennale Milano. Lo spettatore è immerso in un luogo sospeso tra qui e l’altrove, oggetti e corpi vengono attraversati da un moto misterioso – tutto tossisce», si ripete spesso – bisogna perdere le coordinate per lasciarsi trasportare in uno stato di lucida alterazione dalla musica, dalle luci, dalle azioni rituali dei performer. Elementi che nell’idea di drammaturgia del gruppo sono sullo stesso piano, così come chi occupa la scena: «Non c’è gerarchia, abbiamoeliminato la regia dai crediti perché tutte le persone, sia quelle presenti sul palco che quelle assenti, vi concorrono», racconta Ruggeri.

IL TEMA principale di Klub Taiga è infatti quello di captare l’invisibile e le presenze intangibili sovvertendo il principio della visione unidirezionale e antropocentrica, motivo per cui sulla scena sono presenti più fulcri di attività contemporaneamente. A questo proposito le artiste citano il teorico inglese Mark Fisher: «C’è sempre qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o non c’è niente dove dovrebbe esserci qualcosa».
Il pubblico è chiamato a prendere parte allo strano rituale costruendo il proprio percorso percettivo: «La partecipazione non può essere pigra: la vista è limitata perché i pori del sensibile si allarghino, così da entrare in contatto con quell’energia antica. Non tutto ciò che avviene è illuminato e visibile» spiega Galli.

La musica è senz’altro una via maestra e una chiave importante dello spettacolo, infatti oltre ai performer Annamaria Ajmone, Luca Brinchi, Federica Santoro e alle stesse Galli e Ruggeri si esibiscono dal vivo la musicista Yva & The Toy George e Steve Pepe, tra i protagonisti della consolle nelle serate sotterranee di Roma est. Ed è innegabile che il «club» sulla scena rimandi anche ad alcuni spazi di sperimentazione realmente esistenti e alle passate esperienze di Industria Indipendente. Secondo le parole di Ruggeri: «Abbiamo iniziato il nostro percorso attraversando spazi occupati, centri sociali e altri luoghi atipici come le discoteche. I tappeti presenti in Klub Taiga richiamano Merende, un appuntamento che organizzavamo all’Angelo Mai dove bisognava togliersi le scarpe per entrare. Lo spazio diventava così un recinto sacro dove prendersi cura l’uno dell’altra».

E se il pubblico, per le restrizioni in corso, non può varcare il confine del palco come previsto in un primo momento, lo spirito di coabitazione è comunque presente sin dalla genesi del lavoro. Quest’ultimo infatti ha preso forma nell’esperienza di residenza condivisa da cinque compagnie chiamata Oceano Indiano e svoltasi proprio al Teatro India: «Lo spettacolo è finalmente tornato nella sua casa, lo scambio con gli altri artisti è stato importantissimo e pensiamo ce ne sia traccia nelle diverse produzioni che ne sono scaturite».

OLTRE alle prossime repliche, tra cui quelle al Festival di Santarcangelo, in sintonia con lo spirito post-disciplinare del gruppo sono già previste due «gemmazioni» ulteriori: un film diretto da Rä Di Martino e un disco in uscita ad ottobre, che verrà eseguito dal vivo il 12 e 13 giugno nella rassegna Buffalo al museo Macro di Roma.L’impalpabile si fa suono e si sente, forte e chiaro.