Non possiede la fama del goleador Miro Klose, del rapace centravanti d’area di rigore, ma nessuno degli attaccanti in attività, con la propria nazionale, ha fatto meglio di lui. Il primatista di gol (16) ai campionati del mondo, con la maglia della Germania, ora campione per la quarta volta, ha raggiunto quota 71. (L’ivoriano Didier Drogba, suo coetaneo, insegue con 63 reti). Ma a dispetto di questi numeri la carriera calcistica del 36enne centravanti di origine polacca non è costellata da una messe di gol. Fra i tornei giocati in Bundesliga e in Serie A (con la Lazio), soltanto in una stagione lo score personale di Klose ha varcato la soglia di venti segnature. Tiene una media piuttosto modesta con circa 10 – 12 reti a campionato, ma di sicuro rientra fra gli attaccanti affidabili, dal rendimento continuo. La regolarità di Klose è accostabile, per usare un’analogia con l’industria automobilistica, ai propulsori di certe case tedesche costruiti per macinare nel tempo centinaia di migliaia di chilometri a velocità costante. I 16 gol mondiali, spalmati dal 2002 al 2014, lungi dall’apparire il risultato di estemporanei exploit, sono il frutto di una longeva integrità sportiva.

Solo due calciatori in passato, ma con minore bottino di gol, avevano segnato in quattro edizioni: il connazionale Uwe Seeler e Pelè, entrambi dal 1958 al 1970. Anche se il brasiliano, non ancora 34enne, avrebbe potuto disputare un quinto mondiale, quello del ’74 in Germania. La “perla nera” peraltro realizzò metà dei 12 gol (dell’allora Coppa Rimet) nel campionato del ’58, in Svezia, che lo consacrò giovanissimo segnando un’epoca.

La Germania come Klose. La partecipazione al mondiale prevedeva fra i 23 convocati un’unica punta: Miro Klose appunto. Lo stesso Thomas Muller, stella emergente del Bayern e miglior realizzatore in Brasile, è considerato un centrocampista. Ciò non ha precluso alla finalizzazione di gol determinanti da parte della nazionale, la quale si è espressa attraverso un gioco corale che l’ha fatta avanzare nel torneo, con proverbiale affidabilità tedesca, sino alla finalissima vinta contro l’Argentina. Il vistoso risultato ottenuto a spese del Brasile non fa testo perché, in quella gara, la squadra di casa ha evidenziato deficit grotteschi, del resto ribaditi nella finale per il terzo posto con l’Olanda.

Sebbene sembrasse poco incline a un’incalzante manovra offensiva, la Germania è giunta al mondiale, e ne è uscita, da campione, come la squadra più feconda di gol. Miglior punteggio con 18 reti, ma non basta. Delle 32 compagini di Brasile 2014, i calciatori convocati dall’allenatore Joachim Loew, a prescindere dal ruolo, erano quelli ad aver fatto il maggior numero di gol nella propria nazionale, circa 220. Una quantità da primato condivisa con i giocatori della Spagna, campione uscente. Terzi, distanziati, gli olandesi di Louis Van Gaal: poco più di 160 gol fra i 23 “tulipani” convocati. Via via, poi, le altre nazionali. L’Italia era posizionata piuttosto indietro: appena il 25° posto per gli azzurri(ni) – il diminutivo rende meglio – di mister Prandelli, dimessosi e rimessosi in gioco, benchè lo stile compassato, in un battibaleno.