Si va spediti ormai verso le elezioni presidenziali del 25 maggio. Anche la Cnn ha confermato ieri, lo spostamento di truppe russe dal confine ucraino, segnale rilevante di come Mosca non voglia pesare sullo svolgimento delle elezioni, su cui per altro aveva già aperto alcune settimane fa.

Analogamente è parsa muoversi che Kiev, che nei giorni scorsi ha fatto approvare dal parlamento un memorandum «di pace e reciproca comprensione», che prevede il ritiro delle truppe ucraine dalle zone dell’est del paese, purché i filorussi abbandonino i luoghi occupati e conquistati e le armi, e che propone un potenziale tavolo di discussione sulle future forme di governo del paese.

Un’apertura forte, non condivisa da tutti: il partito di estrema destra di Svoboda e quello delle Regioni, dell’ex presidente Yanukovich, non l’hanno firmato. Un segnale che anche all’interno del fronte di Majdan, le posizioni non sono univoche e anzi.

C’è da ragionare inoltre su questa decisione, che avviene forse anche su indicazione dei consulenti americani a Kiev, leggi Cia, che forse ha deciso di raccogliere i segnali distensivi giunti da Mosca, decidendo infine per consentire elezioni senza la minaccia di tank e bombardamenti. Rimane naturalmente l’incognita della partecipazione (meno sul vincitore che con tutta probabilità sarà l’oligarca Poroshenko) delle regioni orientali del paese. è altrettanto vero che anche nel fronte dei filorussi non tutti sembrano pensarla allo stesso modo.

Ieri Pavel Gubarev, uno dei leader dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, ha annunciato la formazione di un partito nuovo di zecca, chiamato La Nuova Russia. I pro-Mosca dicono inoltre di voler realizzare un nuovo Stato, il nome è lo stesso del partito, la Nuova Russia, unendo le «repubbliche» separatiste di Donetsk e Lugansk.

Ieri è tornato a parlare di Ucraina anche il vicepresidente Usa Joe Biden, dopo la scoperta che suo figlio farà parte della più importante compagnia di gas ucraino. «Tutti i Paesi devono usare la loro influenza per garantire un clima stabile che consenta agli ucraini di votare domenica in piena libertà», ha specificato Biden in una conferenza stampa a Bucarest al termine di un colloquio con il presidente romeno Traian Basescu.

Il vicepresidente ha nuovamente dato assicurazioni alla Romania ribadendo l’impegno degli Usa a rispettare l’articolo 5 del Trattato della Nato sulla difesa collettiva degli stati membri, e ha sottolineato l’intenzione dell’Alleanza di rafforzare la sua presenza nell’Europa centrorientale, su terra, mare e cielo. Biden ha quindi confermato i tempi di realizzazione del progetto di scudo antimissile per il sito romeno di Deveselu, nel sud del paese.

Il vicepresidente americano ha infine dichiarato a Budapest che saranno necessarie nuove sanzioni contro la Russia se questa saboterà l’elezione presidenziale di domenica 25 in Ucraina. «Se la Russia sabota l’elezione in Ucraina, noi dobbiamo essere determinati a imporre costi supplementari», ha detto Biden in una conferenza stampa.

Ieri sono proseguiti anche gli incontri del tavolo di unità nazionale, organismo che appare superato dopo l’ultimo memorandum approvato dal Parlamento, sebbene non da tutti i partiti. Il premier autoproclamato di Kiev Arseni Yatseniuk, ieri, ha escluso la possibilità di incontri bilaterali tra Mosca e Kiev per risolvere la crisi in Ucraina. «Nel contesto attuale – ha detto durante la terza seduta del tavolo di dialogo nazionale a Mikolaiv – credo che le negoziazioni bilaterali tra l’Ucraina e la Russia non possano essere prese in considerazione».

Yatseniuk si è però detto a favore di un altro vertice a quattro con i rappresentanti di Usa, Ue, Ucraina e Russia come quello di Ginevra del 17 aprile. Da capire infine gli effetti che avrà sulla situazione ucraina lì’accordo storico tra Cina e Russia in materia di fornitura di gas.